cronaca

La trasmissione realizzata per l’8 marzo. In onda alle 13; alle 20 e alle 22.30
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Passione, entusiasmo, fortuna ma anche tanta tenacia e impegno. Sono queste le caratteristiche comuni delle quattro donne che si sono raccontate a Primocanale in occasione dell’8 marzo. Hanno parlato del loro lavoro ma anche della loro vita personale con il sorriso sul viso di chi si sente fortunata perché vive la vita che voleva.


Serena Bertolucci è da un anno il primo direttore donna di palazzo Ducale, storica dell’arte nata a Camogli avrebbe voluto fare l’istituto Nautico ma il papà comandante non era d’accordo “all’epoca si diceva che a bordo le donne e gli ombrelli non portavano bene” e così è arrivata all’arte. Nel capoluogo ligure è stata protagonista di un piccolo grande miracolo ossia far rinascere Palazzo Reale portandolo nel 2018 a 114mila visitatori. “Mi pesa che roba da museo sia usato in modo negativo e mi arrabbio moltissimo per questo” spiega. Si fa chiamare direttore e non direttrice “perché non abbiamo bisogno di quote rose ma dobbiamo avere la possibilità di far vedere quello che siamo in grado di fare, non serve una riserva di caccia”.

E’ conosciuta anche come ‘direttore felice’
dall’hashtag che usa sui social per raccontare la sua attività. E chi la incontra non rimane immune dal suo entusiasmo e dalla sua simpatia e ironia che non perde nonostante le poche ore di sonno. Il lavoro a Genova e il marito e il figlio in Lombardia la costringono a una vita da pendolare con la sveglia puntata alle 4.30. Racconta con orgoglio e un pizzico di emozione di essere stata promossa a direttore la prima volta mentre era incinta “non è una cosa che capita spesso in Italia”. E’ convinta che “essere madri aiuti sempre ma - sottolinea - spesso non ci aiutano a esserlo: io sono fortunata perché ho un marito paziente e un bambino molto autonomo”. Giulio, suo figlio è spesso protagonista dei suoi racconti sui social e da lui, che vuole diventare il primo portiere di serie A con gli occhiali, dice di aver imparato la tenacia.

Ilaria Cavo è tornata negli studi di Terrazza lì dove la sua carriera di giornalista televisiva cominciò per poi arrivare sui canali nazionali. E’ stata direttore di Primocanale e riguardando le immagini delle sue dirette durante il G8 del 2001 o del processo a Donato Bilancia si è emozionata e ha ammesso “non le vedevo da vent’anni”, così come ha sorriso rivedendo l’intervista a Bruno Vespa, lui che poi decise di portarla a Roma. Dopo cinque anni in Rai è passata a Mediaset sempre raccontando i casi di cronaca nera che hanno segnato di più il nostro paese due nomi su tutti: Annamaria Franzoni e Sarah Scazzi.

“Ho deciso che avrei fatto la giornalista televisiva durante un tirocinio – racconta – sono sempre stata curiosa e la curiosità è donna e soprattutto fondamentale per un giornalista”. Ammette di avere un carattere che all’esterno forse sembra troppo forte ma ci tiene a sottolineare come l’umanità sia la seconda qualità più importante per chi fa il giornalista “è quella che ti consente di entrare in sintonia con chi incontri – spiega – certe interviste a familiari di vittime non le avrei mai potute fare se non avessi avuto anche questa parte del mio carattere”. L’intervista che le è rimasta più nel cuore? “Quella con i genitori di Marco Simoncelli morto a 24 anni durante un granpremio di motociclismo. Dal 2005 ha accettato la sfida di Giovanni Toti di entrare in politica ed è assessore regionale con dieci deleghe tra cui scuola, formazione, pari opportunità e comunicazione. Dal raccontare al fare. “All’inizio ho usato le tecniche giornalistiche per capire come funzionava la macchina regionale come se preparassi un’inchiesta: velocità, analisi e sintesi”. Non è madre ma attraverso le sue deleghe ci tiene a raccontare come abbia aiutato le mamme con i voucher baby sitter e nidi per esempio e anche in questo momento di emergenza coronavirus ha cercato di prendersi cura dei bambini e dei ragazzi in altro modo mettendo la salute al primo posto. Parlando di mamme Ilaria Cavo ha poi voluto ricordare quelle madri che dal 14 agosto 2018 piangono i propri figli morti nel crollo di Ponte Morandi.

Simona Olcese, ingegnere edile di 25 anni, lavora nel cantiere che tutto il mondo guarda: quello del nuovo ponte di Genova. Ci è entrata una settimana dopo le tesi e si occupa di controllo qualità in un gruppo quasi interamente maschile. Una scelta ma anche una grande opportunità. “Sono contenta di dare il mio contributo alla ricostruzione perché sento di fare qualcosa di davvero importante per la mia città. Quest’opera ha per me una valenza emotiva”. Lo dice con la voce emozionata di chi per la prima volta si trova in uno studio televisivo a raccontare e raccontarsi.

Caschetto, scarpe antinfortunistica, giacca fluorescente il cantiere – le ricordo - non è proprio un ambiente femminile... Sorride l’ingegner Olcese e sottolinea come “anche a me piace sporcarmi”. Lavora con tanti uomini ma in cantiere dice “non si sente la differenza anzi sono diventata un po’ la mascotte visto che sono la più giovane”. Cosa le sta insegnando questa esperienza? “Mi sta insegnando tutto, cosa vuol dire avere un obiettivo, essere in una squadra dove ognuno può dare il suo contributo”.

Tiziana Lazzari è dermatologo, chirurgo estetico e tra le tante cariche neo presidente ligure dell’associazione donne imprenditrici e dirigenti d’azienda (Aidda). “Ho deciso di fare il chirurgo quando di donne nelle sale operatorie ce n’erano poche non come ora, e ci sono riuscita grazie alla tenacia, alla volontà di ferro, che la mia maestra delle elementari aveva riconosciuto in me già in un giudizio di seconda elementare”.
“La chirurgia estetica è molto cambiata grazie all’avvento della medicina estetica – racconta – quando ho iniziato io era una chirurgia elitaria e invasiva poi abbiamo passato un periodo di eccessi ma oggi non sono più quei tempi”.
Al centro del suo lavoro la bellezza, un’armonia diversa per correggere inestetismi e “accompagnare in modo elegante il passare del tempo”. Se una volta la difficoltà erano le pazienti che arrivavano in studio con la foto di una modella o di un’attrice oggi ci si trova ad affrontare una nuova moda: le pazienti, soprattutto giovani, vanno da lei volendo assomigliare all’immagine corretta dal filtro del telefono ed è molto difficile – spiega – far capire loro che quegli effetti non possono essere riprodotti nel mondo reale.

Mamma di due figli ma ci tiene a dire che non è wonderwoman, “sono stata fortunata, ho due ragazzi speciali che hanno avuto un padre molto presente”.
Lazzari si definisce medico-imprenditore da 32 anni e oggi è neo presidente di AIDDA (associazione donne imprenditrici e dirigenti d’azienda). Se le si chiede se ci sia ancora spazio per fare imprenditoria al femminile non ha dubbi ”le donne sanno fare molto bene e insieme e c’è ancora spazio dobbiamo solo avere il coraggio di crederci”.

(La trasmissione è stata registrata lo scorso 2 marzo).