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Nel 1990 lanciò il cambio di nome del Pci
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Nel Pd soprattutto genovese in molti sono convinti che alle prossime elezioni regionali il centro sinistra allargato, cioè insieme ai Cinquestelle e alla sinistra-sinistra, abbia buone possibilità di vincere, togliendo il governo della Liguria al centrodestra. La questione, però, è che stando alle ultime uscite dei notabili grillini locali dopo la débacle umbra (che ha un significato numerico molto relativo, ma politico molto importante), non ci sia almeno fino a ora la volontà di tentare un dialogo costruttivo con il Pd.

In questo bailamme la “lezione” che Achille Occhetto, padre della svolta del 1989, quando il Pci abbandonò la parola “comunista” per trasformarsi in Pds (la famosa svolta della Bolognina) ha tenuto nella sede della Fondazione Ds guidata da Mario Margini (che proprio lunedì presenta importanti ritrovamenti storici nel suo ricco archivio) andrebbe seguita o, per lo meno, ascoltata con particolare attenzione. E’ quello che Occhetto ci ha detto nell’intervista a Primocanale che provo a sintetizzare.

Occhetto nel 1989 era segretario del Pci e si trovò a gestire i drammatici e rivoluzionari giorni della caduta del muro che divideva le due Berlino. “Ero a Bruxelles con il leader m laburista Kinnock e gli chiesi di fare entrare il Pci nell’Internazionale socialista . Lui mi risposte che noi eravamo molto avanti come socialdemocratici, ma che mai avrebbe potuto fare entrare un partito che si chiamava comunista. Intanto ci avvisarono che il muro stava crollando sotto le picconate dei cittadini. Ecco, io allora dichiarai che stava cambiando il mondo, che la divisione in due della guerra fredda era finita. Quella consapevolezza mi ha guidato nel cambiamento e penso che avevo ragioni da vendere”.

Occhetto nel nuovo libro di Sellerio “La lunga eclissi” racconta il crollo della sinistra mondiale e quello italiano. “Mentre scrivevo il libro arrivano le notizie delle sconfitte del socialismo democratico e della sinistra. Ho pensato che non potevo parlare di crollo, ma di eclissi, proprio perché penso che si possa uscire da questo cono d’ombra con una nuova Bolognina, come facemmo trent’anni fa. Allora c’era il crollo del comunismo, oggi bisogna rifare i conti con la crisi delle socialdemocrazie e delle sinistre”. Da qui la declinazione sulle prossime elezioni in Liguria e la necessità di una Bolognina anche ligure che non si può basare su una alleanza a freddo con i Cinquestelle che, dice Occhetto “devono anche loro rifondarsi. Il vaffa è finito e bisogna anche smetterla di dire che non ci sono né destra né sinistra. La destra destra c’è eccome!”

Come si fa, allora questa alleanza? E sarebbe ipotizzabile in Liguria? “Ci vuole una autocritica anche del Pd. Non basta piantare qua e là delle bandierine populiste come quella del taglio dei parlamentari che, come si è visto col risultato elettorale in Umbria, non interessa agli italiani. Partire per esempio dallo ius soli e da più soldi per il cuneo fiscale. Riprendere il rapporto col mondo del lavoro, ma occorre anche un rinnovamento del sindacato che non si basa su una vecchia concezione della classe operaia. Siamo di fronte a uno spappolamento del mondo del lavoro. In Liguria l’alleanza con i Cinquestelle sarà possibile , anche se ora mi pare molto difficile perché Di Maio è riottoso e poco pensoso! Zingaretti capisce che ci vuole una seria ridefinizione del Pd, fondato in un’area di democrazia militante, non solo di sinistra ma anche liberal e moderata”,

Occhetto nel 1990 lanciò il cambio di nome del Pci. Nacque per prima la Cosa e poi il Pds con il settanta per cento di consenso degli iscritti. “Darei un consiglio. Non partite dal nome, ma proprio dalla Cosa. Nomina sunt consequentia rerum. Del nome semmai ne discutiamo dopo”. Ma della possibile alleanza/contratto/accordo Pd-Cinquestelle o si discute da subito seriamente o si rinuncia a provare a sfidare il centrodestra.