politica

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 Nessun ligure partecipa al “governo della svolta”. Nessun ligure, né tra i Cinquestelle nati a Genova, né tra i piddini, è stato ritenuto idoneo a entrare nella nuova corte dell’Elevato. Ci doveva essere Andrea Orlando addirittura come vicepremier, ma lo stesso con un incredibile spirito di servizio, (confesso per me eccessivo) si è defilato prima. Risultato magro, deludente, forse persino un po’ inspiegabile. Vedremo se ci molleranno qualche sottosegretario di consolazione o, come si dice ora, qualche viceministro come era Rixi che aveva grande peso nel suo partito e grande peso anche all’interno del dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

E’ provinciale lamentarsi di questo sgarbo. E chissenefrega di essere provinciali. Il governo della svolta, l’amour fou tra M5S e Pd, il governo che cambierà l’Italia, ritiene che la Liguria dei porti, la città del più importante scalo del Paese, la Genova massacrata dalla tragedia del ponte sbriciolato dall’incuria dolosa, possa starsene fuori dalla stanza dei bottoni.

Sono molto curioso di vedere che cosa risponderanno i Cinquestelle di casa nostra. Irrilevanti? Per non parlare dei signorini del Pd che a questo reale rinnovamento generazionale della politica non portano nemmeno un ligure. Forse perché siamo la regione più vecchia d’Europa o perché il Pd locale non è stato in grado in questi ultimi dieci anni di esprimere una nuova classe dirigente (eccetto l’ottimo Orlando) . L’esame di coscienza tocca in prima istanza ai renziani. Poi a tutti gli altri. Settantenni compresi. Aspettiamo il prossimo appuntamento con la Festa del Pd per capire chi festeggeranno.

Governo fatto, ora lo aspettiamo, noi liguri, alla prova dei fatti. Prima fra tutte le occasioni la ricostruzione del ponte Morandi, molto ben gestita dal Conte One. Ma soprattutto alle regionali del 2020, prova generale alle urne per il nuovo governo, i liguri daranno i voti. Conte Two, promosso o bocciato.