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Se ne è andato dopo anni di un ritiro silenzioso, ma non passivo, dalla vita politica Giancarlo Mori, un vero democristiano, poi convertito per necessità al Partito Popolare, alla Margherita e alla fine al Pd. Aveva 81 anni ed era stato uno dei più importanti amministratori pubblici di area cattolica, avendo presieduto la Provincia negli anni Ottanta-Novanta e poi la Regione, fino al fatidico per lui anno 2000 della sconfitta contro Sandro Biasotti, l'astro nascente, l'uomo nuovo spuntato dal nulla della politica e capace di conquistare la Liguria

Mori era stato anche segretario provinciale della Dc nei tempi nei quali le battaglie dentro allo scudo crociato erano veri esercizi politici rispetto alle risse social di oggi e quando ancora l'astro dominante in Liguria e a Genova era niente meno che Paolo Emilio Taviani.

Fare il segretario in un partito prevalentemato dalle Br. Essere moroteo, per di più con una estrazione della Fuci, la organizzazione cattolica degli universitari, già forgiata dall'antifascismo e dalla fedeltà a un cardinale come Montini, futuro Paolo VI e da preti come Franco Costa, futuro segretario dell'Associazione Cattolica e consiglieree dello stesso Paolo VI, era un segno forte. Una stigmata che ha segnato per tutta la vita Mori, tracciandone tutto il percorso politico e anche quello amministrativo, fino dentro alle grandi responsabilità istituzionali. Era un uomo, quindi, del dialogo, delle mediazione, delle “convergenze parallele”, se ce ne era bisogno.

Non era un estroverso, un trascinatore Giancarlo Mori, molto legato al dibattito nella Chiesa proprio per quella sua estrazione. Non certo un siriano, ma neppure un nemico del cardinale-principe. Ha sempre avuto con la Curia genovese e i suoi leader un rapporto stretto, che non era mai la forma di un integralismo, anzi. Era piuttosto un “ponte” utile tra piazza Matteotti e la politica, un interprete utile.

Aveva molto sofferto nel 2000 la sconfitta, anche un po' imprevista, nelle elezioni regionali contro Biasotti e dopo di allora il suo ruolo era stato defilato, anche se era rimasto sempre vivo in un impegno politico continuo, a volte un po' sofferente per come il ruolo dei cattolici si era sviluppato nella politica “nuova”, del berlusconismo imperante e poi dei travagli della sua parte nei Popolari, nella Margherita, i cui leaders erano così distanti dal suo stile. Era rimasto a lungo presidente della Fondazione che amministrava i beni residui della vecchia Dc in via Caffaro, dove aveva cominciato le sue battaglie giovanili. E con gli amici più stretti amava parlare di politica, tenersi aggiornato, anche polemizzare. Fino a quando le sue forze hanno retto.

ph: ANSA
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