cronaca

Si chiamava Emilio Quinto. Si indaga per omicidio colposo
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Ha fatto un volo di circa tre metri, forse a causa di un malore. Si chiamava Emilio Quinto e aveva 87 anni l'uomo trovato morto nella voragine di via Berno, sulle alture di San Fruttuoso a Genova. Un buco in mezzo alla strada che è lì dal 2016, sopra il rio Rovare che scorre sotto l'asfalto e che da anni crea problemi nel quartiere. La procura ha aperto un'indagine con l'ipotesi di omicidio colposo a carico di ignoti.

Il cadavere è stato ritrovato alle prime luci dell'alba, su segnalazione di un passante. Sul posto sono intervenuti la polizia scientifica, i vigili del fuoco e il personale sanitario insieme a un medico legale. Al fianco della recinzione che delimita l'area dove si trova il cadavere è stato trovato un paio di ciabatte che potrebbero appartenere all'uomo morto. 

L'anziano potrebbe essere uscito da casa per chiedere aiuto dopo essersi sentito male e una volta in strada sarebbe caduto nella voragine transennata. L'indagine sulla tragedia è condotta dalla squadra mobile. La salma dell'anziano è stata prelevata dai vigili del fuoco. L'area della voragine è stata sequestrata

La buca sull'asfalto, transennata ma accessibile a chiunque, risale a un cedimento 2016. Da tempo i residenti protestano la lentezza dei lavori, che si protraggono in questa zona fin dal 2011, quando sul rio Rovare esplose un tombino e si aprì una grossa voragine.

 "Via Donghi è una strada pubblica, mentre via Berno è privata - ha spiegato il presidente del Municipio Bassa Valbisagno, Massimo Ferrante - Il Comune stava intervenendo in danno dopo l'alluvione del 2011 e i condomini hanno bloccato i lavori. È stato allora ufficializzato che la responsabilità era dei privati. Poi c'è stata l'alluvione del 2014, e nel 2016 si è aperta questa nuova voragine".

Ma in via Berno è dal 2000 che si registrano battaglie legali al Tar tra privati e Comune di Genova su una situazione di pericolo ormai storica. Oltre alle due cause al Tar derivate dal crollo del 2011, c'è il ricorso di una cittadina presentato nel settembre 2000 contro il Comune di Genova e nei confronti del consorzio utenti di via Berno e di un condominio della stessa via, che chiedeva l'annullamento del "provvedimento di ricostruzione del tratto di canalizzazione per eliminare il pericolo per l'incolumità pubblica e privata". Il Tar della Liguria aveva respinto la richiesta di sospensiva, poi la ricorrente non aveva proseguito la causa e il Tar aveva dichiarato chiusa la lite con atto depositato nel febbraio del 2012.

Nel 2014, invece, la stessa ricorrente della causa precedente assieme ad altri due privati aveva presentato un nuovo ricorso al Tar contro il Comune di Genova, per annullare la determina dirigenziale del 2013 con la quale è stato pronunciato decreto di esproprio, con l'imposizione di servitù di sottosuolo in favore del Comune di Genova di un tratto di via Berno, per una superficie di circa 150 mq "interessati alla realizzazione della galleria scolmatrice del torrente Bisagno a servizio dei torrenti Ferreggiano, Noce e Rovare".

"Questo tratto di strada è assoggettato a servitù di passaggio pedonale e veicolare in favore dei fondi limitrofi, sui quali sorgono alcuni stabili residenziali - si legge negli atti del Tar - I ricorrenti sostengono che non avrebbero dovuto essere destinatari degli atti impugnati, non essendo più titolari degli immobili espropriati cui hanno rinunciato con atto pubblico dell'aprile 2001. In subordine, essi denunciano l'omissione della comunicazione di avvio del procedimento volto alla dichiarazione di pubblica utilità dell'opera".

La difesa del Comune aveva sostenuto l'inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Il ricorso era stato discusso in udienza nel febbraio 2016 e il Tar della Liguria aveva ritenuto fondata l'eccezione di difetto di giurisdizione. "Come chiarito dalla difesa comunale l'interesse che muove i ricorrenti trae origine da un episodio verificatosi nel 2011, allorché l'esplosione della tombinatura, provocata dalle forti piogge, aveva causato un crollo del suolo stradale, con gravi danni alle cose - spiegava il Tar ricostruendo la vicenda - Aveva fatto seguito l'adozione di un'ordinanza contingibile e urgente per l'esecuzione dei lavori di messa in sicurezza, non ottemperata dai proprietari dell'area che, in seguito, non hanno neppure provveduto al rimborso dei costi sostenuti per l'esecuzione d'ufficio. Emerge da tale ricostruzione, non contestata dai ricorrenti, come gli stessi siano unicamente interessati a conseguire una pronuncia che consenta eventualmente loro di sottrarsi alle conseguenze pregiudizievoli, in rapporto alla proprietà del mappale poi espropriato".

Il rio Rovare, infine, avrebbe dovuto beneficiare dello scolmatore del Fereggiano, che sarà completato tra alcuni mesi. Ma, quando è stata avviata l'opera, i 45 milioni in dotazione non erano sufficienti per allacciarlo. Il governo Renzi nel 2017 ha aggiunto altri 10 milioni per la zona di San Fruttuoso e i lavori dovrebbero iniziare il prossimo giugno. 

Il magistrato, intanto, ha chiesto al Comune di rendere immediatamente sicura la zona e da Palazzo Tursi è arrivato l'ok. Resta da chiarire di chi fosse la competenza per i lavori sulla voragine: il buco si trova in una strada privata a cui però possono accedere tutti. In teoria avrebbero dovuto provvedere i residenti, ma il Comune avrebbe potuto intervenire d'urgenza e poi rivalersi sui privati.

Intanto il sostituto procuratore Federico Manotti ha fatto sequestrare le transenne per capire se erano idonee a proteggere la voragine. Il magistrato vuol sapere anche chi doveva transennarla e come e se il buco era correttamente segnalato. Il sostituto procuratore ha anche incaricato il medico legale Camilla Tettamanti di eseguire l'autopsia sul corpo del pensionato e stabilire se è morto per un malore o per la caduta.