cronaca

Il Pontefice: "Corriamo sempre, rischiamo di smarrirci"
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Si chiude con le parole di 'Ma se ghe penso', intonate dal coro Monte Cauriol, la grande messa solenne alla Foce, ultima tappa della visita di Papa Francesco a Genova.  Un canto che parla del suo passato e delle sue radici, perché da questo porto Mario Bergoglio, suo padre, partì nel 1928 in cerca di fortuna a Buenos Aires. "Quando vedrà il mare, da oggi, pensi anche alla nostra Genova, alla sua Genova", gli dice il commosso cardinale Bagnasco, arcivescovo di Genova, nell'ultimo saluto prima del viaggio in aeroporto.

Gli organizzatori hanno contato 80mila persone, ma i fedeli presenti in città secondo le stime sono stati più di 100mila. Molti sono arrivati già nel primo pomeriggio e hanno sopportato la calura in piazzale Kennedy, corso Marconi, piazza Rossetti e viale Brigate Partigiane dove sono stati allestiti i 12 maxischermi per consentire a tutti di vedere la messa.

Nell'Omelia Papa Francesco ha invitato a non farsi sopraffare dai ritmi della modernità: "Nelle nostre giornate corriamo e lavoriamo tanto, ci impegniamo per molte cose; però rischiamo di arrivare a sera stanchi e con l'anima appesantita, simili a una nave carica di merce che dopo un viaggio faticoso rientra in porto con la voglia solo di attraccare e di spegnere le luci -Vivendo sempre tra tante corse e cose da fare, ci possiamo smarrire, rinchiudere in noi stessi e diventare inquieti per un nulla".

"Per non farci sommergere da questo 'male di vivere' - ha detto ancora il Pontefice -  ricordiamoci ogni giorno di 'gettare l'àncora in Dio': portiamo a Lui i pesi, le persone e le situazioni, affidiamogli tutto. È questa la forza della preghiera, che collega cielo e terra, che permette a Dio di entrare nel nostro tempo. La preghiera è la forza che fa andare avanti il mondo; è la nostra missione, una missione che al tempo stesso costa fatica e dona pace. Ecco il nostro potere: non prevalere o gridare più forte, secondo la logica di questo mondo, ma esercitare la forza mite della preghiera, con la quale si possono anche fermare le guerre e ottenere la pace".

Alla fine il commosso saluto del cardinale Bagnasco. "Ora si congeda da noi. Siamo certi che nel suo cuore di padre e di figlio si siano mossi tanti sentimenti - ha detto Bagnasco ricordando che il padre di Bergoglio partì da Genova per l'Argentina - noi ci stringiamo a te con una duplice promessa: cercare ogni giorno l'ancora in Dio. L'altra promessa è questa: siamo liguri, schivi, scontrosi, un po' orsi, ma poi ci muoviamo e ci facciamo sentire. Gente di mare, che nel suo porto ancora vede tanti giovani partire. Come vede arrivare tante generazioni in fuga dalla fame, dalla violenza, dalla persecuzione e dalla guerra. Le assicuriamo che ognuno di noi continuerà a fare la sua parte perché Genova rimarrà città generosa, nonostante qualche mito. Vorremmo che d'ora in poi, ogni volta che vedrà il mare, non pensi solamente alla sua Buenos Aires, ma anche alla nostra Genova, alla sua Genova: Genova nella sua bellezza, nel suo splendore, che è come una perla splendente, avvolta dal vento ma custodita da una conchiglia fatta di mare e di monti, di cielo e di terra. Una perla splendente che ha tante potenzialità da esprimere. Siamo tutti certi che oggi lei ci ha dato un forte impulso, una fiducia più profonda perché possiamo riprendere il largo per il bene di tutti"

"Non la dimenticheranno i nostri giovani - ha detto Bagnasco - che ha provocato a non restare turisti della vita ma a saperla guardare in faccia vincendo ogni superficialità. Non la dimenticheranno i bambini e i genitori provati dalla sofferenza come pure quanti con compassione e competenza si dedicano alla loro cura. Non la dimenticheranno le istituzioni civili e militari, i volontari innumerevoli e i tanti che hanno collaborato in maniera silenziosa e umile".