cronaca

L'ex infermiere uccise e decapitò lo zio Albano Crocco
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 Claudio Borgarelli, l'ex infermiere che lo scorso ottobre uccise e decapitò lo zio Albano Crocco nei boschi di Lumarzo, è in grado di intendere e volere. Lo era al momento dell'omicidio e lo è tuttora. Lo ha stabilito lo psichiatra Gabriele Rocca, incaricato dal gip Paola Faggioni. Il perito ripercorre i motivi dell'omicidio.

La chiave di lettura sta tutta nel rapporto con lo zio: una figura amata ma che in poco tempo si trasforma in un nemico, un traditore perché si allea con quanti volevano passare dal sentiero che porta ai boschi con macchine e moto e che l'ex infermiere invece voleva fare percorrere soltanto a piedi. Per il perito è vero che Borgarelli è una figura borderline ma non tanto da non essere in grado di capire quanto stava facendo. Nella perizia è scritto che "il grilletto che ha fatto scattare la molla sono state le ingiurie che lo zio avrebbe rivolto al nipote la mattina dell'omicidio". Non un gesto premeditato dunque, ma d'impeto.

Un punto a favore della difesa, rappresentata dall'avvocato Antonio Rubino. Secondo i carabinieri, Borgarelli aveva messo alcuni paletti all'ingresso del sentiero per impedirne l'accesso ai mezzi. Gesto che era stato accompagnato da lamentele da parte dei visitatori del bosco, compreso lo zio.

Quella mattina, Crocco andava a cercare funghi con la sua auto e incontrò Borgarelli. Nacque una discussione e, secondo il racconto dell'assassino, lo zio lo avrebbe insultato fino a sputargli. A quel punto l'ex infermiere perse il controllo, sparò allo zio e lo decapitò, poi trascinò il corpo in un dirupo e gettò la testa in un cassonetto insieme agli abiti sporchi di sangue. La perizia verrà discussa il prossimo 28 febbraio davanti al gip. A quel punto il pm chiuderà le indagini e ne chiederà il rinvio a giudizio.