L’ultimo grande incendio una decina di anni fa: le montagne intorno a Genova accese dalle fiamme. L’ho spesso negli occhi perché anche allora, qui a Primocanale, eravamo in diretta. Da lunedì notte Genova sta rivivendo drammaticamente quei momenti. E’ soltanto cambiata la stagione: allora era piena estate, d’agosto. Oggi in mezzo a un gennaio gelido e senza acqua.Ma il denominatore comune è solo uno: la colpa e più spesso il dolo.
Non riesco a immaginare che possano esistere degli imbecilli che col vento di lunedì e di ieri pensino bene di bruciare qualche sterpaglia nel proprio orto. E poi possano rispondere candidamente: “Scusate, mi sono sbagliato. Volevo solo farmi un barbecue”. Il dolo, invece, è una questione tragica. Molti sostengono che le pene per i piromani sono troppo “generose”. Non lo so, ma credo che chi appicca il fuoco in una giornata di grande vento e secca, e il fuoco lambisce quartieri molto popolati (ieri tutta la zona di Pegli e Prà, lunedì notte le alture del levante) sia non un malato, ma un terrorista e quindi vada trattato come tale.
Incendiare un bosco con la probabilità che le fiamme raggiungano le case è un atto terroristico. Terrorismo è mettere a repentaglio anche la vita di chi la vora per scongiurare altri disastri. I vigili del fuoco e gli uomini della protezione civile, in prima linea e i temerari che pilotano i Canadair.
E’ il legislatore che deve pensarci, per fermare o frenare questi terroristi del fiammifero.
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