cronaca

Una settimana fa due missili hanno colpito il collegio francescano uccidendo un'anziana
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Padre Ibrahim Alsabagh da due anni è il parroco di Aleppo. Nato a Damasco, dopo gli studi a Roma è tornato in Siria per stare con la sua gente.


A Genova ha prima incontrato il cardinal Angelo Bagnasco presidente della Cei e poi un centinaio tra ragazzi e adulti sulla terrazza del Collegio degli Emiliani a Nervi.
“Al cardinal Bagnasco – ha detto padre Ibrahim – ho chiesto una benedizione da parte della Chiesa in Italia  per noi cristiani della comunità di Aleppo ma anche per tutta la popolazione: per vincere l’odio con la carità e la preghiera. Sono rimasto molto colpito e commosso dall’affetto di Bagnasco”. 


Sulla terrazza del collegio degli Emiliani a Nervi ad aspettarlo c’erano più di cento persone tra ragazzi e adulti che in questi ultimi mesi hanno stretto con lui rapporti di amicizia attraverso mail e collegamenti Skype.

Lo vedi arrivare scendendo le scale con volto sorridente, occhi trasparenti. Una carezza, una parola per tutti quelli che lo abbracciano e lo salutano come fosse uno di casa, uno di famiglia ed è proprio così per molti.

La situazione ad Aleppo è tremenda e ogni giorno si fa più difficile; ancora questa mattina missili sono caduti su una casa di riposo e su un ospedale pediatrico e in tanti hanno dovuto lasciare le loro case. Viviamo il momento più difficile, non c’è una soluzione con le armi, ma non ce n’è neanche una diplomatica, regna il caos”.


Padre Ibrahim parla in modo pacato, tranquillo anche quando racconta dei due missili che una settimana fa hanno colpito uno dei loro tre centri in città dove avevano trovato rifugio persone anziane e dove una donna è morta e due sono rimaste gravemente ferite.


“Ad Aleppo vivono 12 mila famiglie cristiane, nella mia parrocchia 602. Manca la sicurezza, il prezzo del costo della vita è altissimo; il 75% è disoccupato e più dell’80% delle famiglie non hanno un’entrata, la povertà è ovunque”.


“E’ una sfida più grande delle nostre forze” padre Ibrahim lo dice quasi con un filo di voce e per la prima volta sembra quasi avere un momento di stanchezza racconta di un messaggio che poco prima gli è arrivato da una sua parrocchiana: “Ho troppa paura e terrore, non riesco più a pregare” e allora sembra ritrovare la forza e con tono deciso scandendo le parole, quasi a volerle sottolineare ancora di più, rivela quello che ha risposto: “Non bisogna pensare al futuro, bisogna affrontare il giorno e affidarlo al Signore”.


Il centinaio di persone che lo sta ascoltando è come impietrita, in silenzio, tra una parola e l’altra si sente solo il rumore delle onde che si infrangono nella scogliera sottostante. Se non fosse per le battute che padre Ibrahim fa ogni tanto si avrebbe quasi la sensazione che tutti trattengano il respiro perché la distruzione, la morte raccontata con quella pacatezza forse, se è possibile, colpiscono ancora di più il cuore.


Padre Ibrahim racconta poi di come neanche lui sappia come facciano i frati ad aiutare tutte le persone con pacchi alimentari, pagando spese mediche e ospedaliere, poi si ferma, sorride e dice “sì lo so se ci sono tutti questi miracoli ad Aleppo è per la forza della carità che ci arriva da tutto il mondo, grazie a tanti che pregano per noi, e poi si ferma, sembra prendere fiato “noi sperimentiamo la tenerezza di Dio tutti i giorni, un padre innamorato dei suoi figli” e qui la voce trema e padre Ibrahim si commuove.


Tenerezza in mezzo al dolore e alla distruzione ma come si fa a non avere paura?
“Anche Gesù ha avuto paura nell’orto dei Getsemani ma non si è consegnato a questa paura e ha avuto coraggio e forza che proveniva dal padre per andare oltre le sue paure. Anche noi sentiamo questa paura umana ma con la preghiera riusciamo a superarla”.


Lavorare per un mondo più umano è il modo per starci più vicino e dove un cittadino di Aleppo non ha bisogno di sognare di scappare e venire qui in Italia. Anche a quelli che ci lanciano missili, solo perché hanno assorbito intorno a loro solo violenza, noi dobbiamo testimoniare amore e pregare per loro”.


L’incontro con padre Ibrahim è finito tutti sono in silenzio, seduti composti, lui quasi in imbarazzo sorride mentre gli applausi coprono per la prima volta il rumore delle onde. Nella mente, nelle orecchie, nel cuore le parole pacate ma forti di padre Ibrahim risuonano in ognuno dei partecipanti “c’è speranza, in mezzo al dolore e alla disperazione ad Aleppo viviamo tanti miracoli ogni giorno”.