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Le polemiche per l'autosospensione del sindaco
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Oh, ma adesso mica andrà a finire che la colpa di tutto è del giovane sindaco di Ventimiglia Enrico Ioculano, reo essersi ribellato all'inerzia del governo fino al punto da auto sospendersi dal suo partito, il Pd, che del governo è la forza principale?


Ci mancava di vedere questa: mentre Ioculano tenta disperatamente di fronteggiare la grana dei migranti, troppo grande per una piccola realtà come quella intemelia, ecco partiti e istituzioni litigare al loro interno e anche fra essi stessi. Ma tutti, o quasi, uniti nel criticare la dura presa di posizione del sindaco.


In politica l'esercizio della memoria corta è strumento tipico: dalle promesse elettorali agli impegni solennemente assunti con le amministrazioni periferiche, nulla sfugge alla regola. "Tranquillo, interverremo" sono le parole di garanzia che ad ogni pie' sospinto vengono ripetute alla bisogna dal "competente" di turno. Ma girato l'angolo, chi se ne ricorda più. E, soprattutto, "chissenefrega".


A Ioculano è toccato come ad ogni comune cittadino, alle prese con le ansie del vivere quotidiano, spesso reso più accidentato proprio da ciò che si decide, o non si decide, là dove si può. O si potrebbe.


Il cittadino comune reagisce, appena ne ha l'opportunità, con il voto di protesta orientato alla cosiddetta antipolitica, oppure semplicemente disertando le urne. Sarà un caso se l'esercito degli astenuti ha raggiunto dimensioni inimmaginabili alle latitudini italiane?


Ioculano non è un cittadino comune: è il sindaco di Ventimiglia, è stato celebrato dal suo partito, il Pd, per una vittoria sorprendente, ma spentasi l'eco dei festeggiamenti è stato bellamente dimenticato. E abbandonato a se stesso quando ha dovuto cimentarsi con un fenomeno, l'immigrazione, che si è abbattuto sulla sua città in termini drammatici, con le stesse caratteristiche delle ondate ripetutesi a Lampedusa.


A differenza del comune cittadino, un sindaco dovrebbe disporre di mezzi e argomenti di persuasione ben più forti. È una istituzione nel senso proprio del termine, dunque si aspetta che le altre istituzioni lo soccorrano. Se lo aspetta prima di tutto dal governo. Difatti un ministro, il principale, quello dell'Interno, arriva in città e lo rassicura. Soltanto che appena gira l'angolo, Angelino Alfano fa come i politici di mezza tacca: si dimentica di quelle rassicurazioni. Magari non lo fa proprio lui direttamente. Lo fanno i cosiddetti uffici. Ma l'esito è il medesimo.

Ioculano non si è mostrato particolarmente incline alla polemica, neppure nei giorni caldi dei migranti abbarbicati agli scogli, rifiutati dalla Francia e dal resto d'Europa, quando pure qualche buona ragione per "fare casino" l'avrebbe già avuta. Ha provato a fare il sindaco, quindi a grattarsi la rogna da solo. Ma quando non ce l'ha più fatta con le proprie forze e si è scoperto preso in giro come un qualsiasi elettore ha preso cappello.

Un gesto di grande dignità, che tutto il parterre della politica farebbe bene a non strumentalizzare e sul quale, invece, dovrebbe avere finalmente il coraggio di aprire una seria riflessione. Invece sta succedendo che, alla fine, il calimero sia proprio lui. Passi - però non è giustificabile - che dal centrodestra si giochi al tiro al piccione, e che la doppietta puntata su Ioculano sia in realtà ad altezza di governo, ma che sia il Pd a levare gli scudi, beh questo è davvero surreale.

Raffaella Paita dice a Ioculano che "accusando il partito sbaglia bersaglio". Scusi, signora capogruppo piddina in Regione Liguria, e con chi dovrebbe prendersela? Il Pd è la principale forza di governo, conta due ministri liguri all'interno dell'esecutivo, è il motore dell'opposizione regionale e pensa di poter sfuggire all'ira funesta di un sindaco abbandonato a se stesso su un tema che palesemente non è di matrice comunale e che nessuna municipalità può affrontare se si presenta nelle dimensioni di quelle ventimigliesi?

Il torto di Ioculano, agli occhi del Pd, è semmai quello di aver messo a nudo il re, inchiodandolo alle sue responsabilità. Compreso accettare un ministro dell'Interno come Alfano, che fa rima con l'alleanza spuria con Verdini.

La storia di Ventimiglia e del suo giovane sindaco è semplicemente quella di un partito che rifiuta di mettersi allo specchio perché teme di vedere riflesse cose che non gli piacciono. E che nonostante ciò continua a fare. Con la preoccupazione che Ioculano diventi una mina innescata sul percorso delle elezioni amministrative prima e del referendum costituzionale dopo. Come può il Pd chiedere fiducia agli elettori se di fiducia non ne ha più neanche chi ha preso quella tessera "a quindici anni"?


A ben guardare, ecco la cosa che ai piddini di governo piace meno dell'intemerata di Ioculano. E allora ecco il sindaco stesso finire sotto tiro, prima che cominci, a brevissimo, l'esercizio di rimozione. Sembra quasi abbia commesso un peccato di lesa maestà. Invece ha soltanto incarnato un modo davvero diverso di fare politica. Con la schiena dritta, lo sguardo rivolto a un futuro che vuole migliore e per niente incline al conformismo imperante. Di sepolcri imbiancati ne abbiamo già a sufficienza. E ne abbiamo abbastanza.