L'importanza di chiamarsi Doria. Il sindaco di Genova e la squadra di calcio guardano con legittima apprensione al futuro: il primo fa i conti con una maggioranza ormai virtuale, erosa dai problemi dialettici con un azionista forte, il Pd, a sua volta squassato dalle proiezioni locali della contesa in corso a livello nazionale tra “nuovo” e “vecchio”.
La seconda, crollata dal settimo al sedicesimo posto in una sola stagione, resta in ostaggio di un proprietario che ancora ieri, incurante della stagione nefasta chiusa con i dieci gol presi nelle ultime tre gare derby compreso, attribuiva la salvezza alla Madonna della Guardia e si candidava, in caso di partenza di Montella, a far lui l'allenatore, convinto di riuscire meglio di Mourinho. Non parlava sul serio, ma proprio questo è il problema: Ferrero non parla mai sul serio, forse perché i fatti non sono il suo forte.
Doria e il Doria sono due delle realtà in crisi di una Genova ricca di parole e povera di fatti. Il sindaco va rivelando i limiti di personalità e visione politica tipici di tanti prodotti elettorali vendibilissimi, ma poco adeguati a governare. Durare sembra ormai la sua unica prospettiva, senza rispondere nel concreto ai problemi della comunità.
La Samp e segnatamente il suo mondo sembrano invece rassegnati a subire le paturnie, sempre più fastidiose, di un personaggio del tutto estraneo a storia e tradizione del club, che da ultrasessantenne ha scoperto il calcio e la sua popolarità, inebriato dagli onori ma refrattario agli oneri, specie economici, tipici del ruolo vistosi assegnare in dono.
Samp La città ha fame di scelte coerenti con una visione di futuro che in Doria, aristocomunista e quindi sommo conservatore, pare nebulosa, se non assente. Il declino della città è la sola cosa che corra, ma il sindaco non pare avvedersene.
La squadra blucerchiata, salva per miracolo quest'anno, si appresta a un altro mercato all'insegna della vendita dell'argenteria, la poca rimasta, con la prospettiva di un altro campionato di triboli e stenti, ravvivato solo dagli spettacolini in tribuna di un patron con pochi soldi ma tante armi di distrazione di massa. Uno spettacolo così, a Tursi come a Marassi, non deve continuare.
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Il futuro incerto di Genova nelle difficoltà di Samp & Doria
In una città ricca di parole e povera nei fatti
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