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Così il sindaco di Genova all'indomani della manifestazione della Fiom
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"Gli episodi avvenuti ieri durante la protesta dell'Ilva e l'occupazione di Palazzo Tursi da parte della Fiom sono gravissimi, non possono esistere mezze parole, devono essere condannati: c'è stata intolleranza, pesante violenza verbale, sconfinata in violenza fisica, è intollerabile il silenzio, serve una condanna molto ferma". Così il sindaco Marco Doria a Palazzo Tursi in consiglio comunale interviene sulla protesta dei lavoratori Ilva degenerata in insulti e sputi contro il segretario provinciale del Pd Alessandro Terrile.

"Con rammarico devo costatare che gli episodi gravissimi hanno ricevuto la copertura di una sigla sindacale - sottolinea Doria rivolto alla Fiom - Per fortuna c'è stata la dissociazione di altre sigle sindacali, non è vero che il sindacato tutto è stato silente, c'è chi ha avuto la coerenza di condannare la violenza".

"E' stata un'aggressione all'istituzione democratica al Comune di Genova, la mia condanna sarebbe stata identica nel caso in cui fosse avvenuta nella sede della Regione Liguria - osserva Doria - L'occupazione di Palazzo Tursi è stata un tentativo di tenere in ostaggio un'istituzione democratica. Si è indicato il 'nemico', il cattivo di turno, un atteggiamento pericoloso per il confronto democratico".

Il sindaco ha poi parlato della situazione in cui versa il gruppo Ilva, utilizzando parle forti. "È in stato comatoso, sull'orlo del tracollo, per ora non è avvenuto perché la collettività nazionale ha compiuto sforzi per tenerlo in piedi. Per dare una prospettiva industriale a Taranto si deve continuare a produrre acciaio, il ciclo integrale deve funzionare in condizioni di sicurezza ambientale, l'intero gruppo e Genova non hanno prospettive senza Taranto".

"Non c'è più l'Ilva del 2005, - ha sottolineato Doria - è cambiata la situazione di mercato, le prospettive industriali del 2016 sono diverse, immaginare di riproporre la situazione di 11 anni fa è inutile. Il Comune di Genova vuole una prospettiva industriale per l'Ilva, vuole che il gruppo rimanga unitario con tre unità produttive: Taranto, Cornigliano e Novi".

"L'azienda oggi non ha più un imprenditore, non c'è più la famiglia Riva che dava una guida al gruppo assumendosi delle pesanti responsabilità nel creare a Taranto una situazione di inquinamento indegna di un Paese civile, nel non aver portato avanti la bonifica - continua il sindaco - Siamo in una fase delicata in cui il Governo cerca di dare una guida a un'azienda acefala".

"Lo sforzo del Comune per tenere insieme le tutele sociali e le prospettive industriali del gruppo è stato costante
, ma non possono esserci tutele sociali senza prospettive industriali, non si giustifica più il perenne uso degli ammortizzatori sociali, mentre l'opinione pubblica vede sempre più lavoratori in difficoltà privi di ammortizzatori sociali".

Secondo Doria in merito allo stabilimento di Cornigliano "va salvaguardato l'Accordo di programma 2005 prendendo atto della realtà, insistendo che gli investimenti per la zincatura e la banda stagnata vengano fatti e sapendo bene che da soli non sono sufficienti".

"L'insieme delle aree in concessione all'Ilva di Cornigliano non sono tutte utilizzate dalla siderurgia, - aggiunge - la siderurgia genovese va preservata, ma va sviluppata la prospettiva industriale di altri settori, non depositi di container, ma aree di trasformazione".

"L'impegno locale e nazionale per le tutele sociali ai lavoratori Ilva dura da anni: cassa integrazione, contratti di solidarietà, lavori socialmente utili, e deve continuare - rimarca - Il nostro impegno nei confronti del parlamento per confermare l'integrazione al reddito dal 60 al 70% c'è stato, così come l'impegno per o lavori di pubblica utilità".

Nel suo intervento Doria ha anche ricordato la figuradi Guido Rossa.
"E' sempre molto arbitrario mettere in bocca dei pensieri a una persona uccisa dalle Brigate Rosse nel 1979, ma Guido Rossa ieri sarebbe stato il primo a condannare gli episodi di violenza, perché uno dei principi di Guido Rossa era che chiunque in un'assemblea democratica poteva prendere la parola".