politica

Il commento
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Non bisogna essere un ecologista oltranzista o un hippy fuori dal tempo per capire che un deposito di bitume a 100 metri dal terminal traghetti di Savona è una ‘cagata pazzesca’ (Fantozzi docet). E tra piroette, salti mortali e passi indietro quello che sta accadendo è, all’apparenza, incomprensibile.

La ‘sindrome di Tafazzi’ ha portato il Partito Democratico a fare una battaglia pro-bitume, salvo poi smentirsi, a ridosso delle elezioni comunali e dopo le sberle rimediate alle Regionali. Un partito allo sbando, per ideologia e operatività, che non tiene conto di oltre 6mila firme di cittadini neri di rabbia per una decisione avallata dalla giunta regionale Burlando e pronta per essere approvata in sede ministeriale con la possibilità di scavalcare la Regione. E che oggi cerca di salvare la faccia con una mozione simile a quella del Movimento 5 Stelle nonostante i passaggi positivi precedenti di Regione e Comune.

Proviamo ad analizzare la situazione da un altro punto di vista. Un deposito si bitume si traduce sul territorio con posti di lavoro che, con le elezioni comunali alle porte, rappresentano un motivo di propaganda elettorale su cui speculare. Questo spiegherebbe la posizione del Comune e dei dirigenti regionali del Pd, alla faccia dei movimenti dei cittadini in difesa di territorio e interesse pubblico.

Con l’avvicinarsi dell’appuntamento elettorale, la città di Savona si conferma come tana di enigmi politico-economici. Dalle polemiche sulla valutazione del terminal Orsero acquistato dall’Autorità portuale a un prezzo che ha attirato l’attenzione della Corte dei Conti fino alla vicenda del deposito del bitume a poche centinaia di metri dal Priamar, il futuro del Porto di Savona sembra condizionato da una lottizzazione tra gruppi trasversali di potere.

In sintesi, la paura che alle Comunali possa vincere il Movimento 5 Stelle o il centrodestra fa 90. E il Partito Democratico, invece di contrastare sugli argomenti la campagna elettorale dei ‘cittadini’, ha deciso di suicidarsi in nome di affari da sistemare prima che si arrivi al cambiamento. Un partito che sa già di perdere e si gioca le ultime cartucce, sperando nella memoria corta degli elettori. Eppure, la disfatta delle elezioni regionali avrebbe dovuto insegnare qualcosa.