politica

A breve renziani da Guerini, nel pomeriggio tocca agli "altri"
3 minuti e 39 secondi di lettura
Il primo incontro fra i renziani liguri e il vicesegretario nazionale del Pd Lorenzo Guerini è in programma a breve, intorno alle 11. A quanto si è saputo la delegazione che ha chiesto il vertice è più ampia di quella inizialmente trapelata. Oltre a Raffaella Paita, Antonino Miceli, Alessio Cavarra e Federico Berruti, ne faranno parte il senatore Vito Vattuone, il segretario di Savona Fulvio Briano, il suo omologo imperiese Pietro Mannoni, l’ex assessore regionale al Bilancio Sergio Rossetti. Già questa componente, tuttavia, non risulta omogenea, perché accanto a “paitiani” in senso stretto ci sono poi “non paitiani” come Berruti, Mannoni e Briano e altri, Rossetti, che si sono allineati per rispetto dell’esito delle primarie. Il fatto nuovo è che del gruppo, partito di buonora in aereo da Genova, stavolta non farebbe parte l’ex governatore Claudio Burlando.

La differenza nell’ambito dei renziani, tuttavia, non è marginale. A quanto risulta, Paita vorrebbe che a guidare il partito ligure, almeno fino al prossimo congresso, fosse il suo fedelissimo Miceli e per sé chiede il ruolo di capogruppo in consiglio regionale, nonostante la sconfitta subita alle elezioni. Su Miceli la richiesta non sarebbe tassativa, nel senso che la delegazione sarebbe anche disponibile a esaminare un’alternativa, il che è soprattutto la linea dei “non paitiani”. In ogni caso c’è il rischio che le faide interne persistano e quindi che il Pd ligure rimanga allo sbando. Da qui l’ipotesi del commissario che potrebbe essere condivisa anche da Giovanni Lunardon e Alessandro Terrile, segretari regionale e provinciale di Genova, i quali incontreranno Guerini nel pomeriggio, intorno alle 15, tenendo fermo il punto: la responsabilità della sconfitta se l’assume il gruppo dirigente per definizione, ma le responsabilità principali stanno altrove.

Sullo sfondo c’è anche la situazione politica venutasi a creare in Comune, dove la maggioranza che sostiene il sindaco Marco Doria è ai minimi termini. Stamattina, nel consueto appuntamento a Primocanale, Doria ha ribadito di essere “pronto ad allargare il perimetro di chi lo sostiene, ma di non volere assolutamente un mercato delle poltrone. Si partecipa a una maggioranza se si crede nel programma, non per avere un incarico”.

Posizione nobile e condivisibile, ma che fa a pugni con il fatto che i “numeri in più” Doria dovrebbe ottenerli ricorrendo agli ex Idv o a esponenti di Udc-Area popolare che hanno avuto e mantenuto legami con mondi spazzati via dagli elettori, come quello che faceva capo all’ex presidente del consiglio regionale Rosario Monteleone, finito nei guai come molti altri per lo scandalo “spese pazze”. La prima cosa da vedere, quindi, è come Doria si comporterà quando, fatalmente, sul tavolo gli finiranno certe richieste.

C’è poi un altro aspetto da non sottovalutare. Il prossimo anno si rinnoveranno le amministrazioni di diverse città metropolitane e a Roma il Pd potrebbe essere tentato di andare al voto anche a Genova, per uscire dall’impasse evidente di una amministrazione finora dimostratasi incapace di affrontare i temi cruciali. Il terreno, però, è politicamente molto scivoloso. Da una parte, infatti, i paitiani sembrano voler tentare una immediata rivincita, mettendo le mani su Palazzo Tursi (anche perché molti, in quella galassia, come in altre aree del partito, non hanno una loro attività personale e quindi devono “sistemarsi”), dall’altra Roma deve fare bene i conti e soprattutto capire se e come a livello comunale si possa ricucire lo strappo con l’ala sinistra dei fuoriusciti dal Pd.

In caso di un partito e di una coalizione ancora spaccati, infatti, il rischio sarebbe quello già evocato da alcuni esponenti come il capogruppo consiliare genovese del Pd, Simone Farello: “Se non stiamo attenti, al ballottaggio ci andranno il centrodestra e il Movimento 5 Stelle, con noi che restiamo fuori”. Nel qual caso è prevedibile che, poi, molti voti piddini finirebbero ai “grillini”. Un’eventualità che a Roma, ovviamente, vogliono assolutamente evitare e che potrebbe indurre i vertici nazionali del Pd ad accettare l’idea di un commissariamento della Liguria per provare a rimettere insieme i cocci. Superando le faide personali che neppure la sconfitta alle regionali è riuscita ad archiviare.