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Jobs Act e Ilva nell'ordine del giorno del consiglio dei ministri natalizio. Nei decreti attuativi del Jobs Act ci sarà il superamento dell'articolo 18, col reintegro escluso anche per licenziamenti disciplinari ingiustificati. "sarà più facile assumere non licenziare", ha detto Renzi.

L'Ilva entrerà in amministrazione straordinaria secondo la legge Prodi-Marzano, in pratica tornerà pubblica per essere risanata e poi venduta ai privati. Il consiglio dei ministri dovrà approvare anche le norme che attuano un pezzo importante della riforma del fisco per le imprese, alcune nomine e il decreto 'Milleproroghe'.

In arrivo le novità sui licenziamenti e gli indennizzi economici, che sostituiranno nella gran parte dei casi di risoluzione illegittima del rapporto di lavoro il reintegro dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, e sugli ammortizzatori sociali. I primi decreti attuativi del Jobs Act sul contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti e sulla riforma dell'Aspi approdano oggi al Consiglio dei ministri.

"Con il Jobs act sarà più facile assumere, non licenziare", torna ad evidenziare il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in vista del Cdm della vigilia di Natale, ribadendo anche che le nuove regole si applicano soltanto ai nuovi assunti ("quelli che hanno già un contratto mantengono lo Statuto del passato"), per loro, per i quali oggi "avere un contratto a tempo indeterminato sembra una chimera, il sistema sarà più semplice e flessibile".

E l'Ilva di Taranto entrerà in amministrazione straordinaria secondo le norme della legge Prodi-Marzano per la ristrutturazione industriale delle grandi imprese che vengono modificate per essere applicabili anche all'Ilva. Dopo settimane di indiscrezioni e di ipotesi si capirà come il premier Matteo Renzi intende risolvere una delle crisi aziendali più complicate d'Italia, un nodo nel quale la tutela dell'ambiente e della salute si intrecciano con l'esigenza di mantenere in Italia una produzione "strategica" come l'acciaio e quindi di riportare alla migliore efficienza il sito di Taranto dove si produce l'acciaio di migliore qualità.

Per le imprese oltre i 15 dipendenti, al momento si continua a parlare dell'opzione più quotata, ossia che, nel range 3-6 mesi di retribuzione già individuato per fissare l'asticella minima, si indichi quale punto di caduta 4 mesi: un minimo valido nella prima fase del rapporto di lavoro (dal 2015 partiranno gli sgravi triennali per le nuove assunzioni stabili) per evitare che le imprese possano trarre benefici da assunzioni e licenziamenti 'precoci'.

Poi l'indennizzo aumenterà di una mensilità e mezzo o due (anche su questo si ragiona ancora) per ogni anno di lavoro, fino ad un massimo di 24 mensilità. Non è del tutto escluso che questi tetti possano essere ritoccati. La Cisl, ad esempio, continua a chiedere che si salga a 6-30. Da definire anche l'opting out, la possibilità cioè per il datore di lavoro, a fronte della condanna al reintegro per il licenziamento ingiustificato, di scegliere comunque di pagare l'indennizzo ma più alto.

Confermata l'indicazione che il reintegro, oltre che nei licenziamenti nulli e discriminatori (mai in discussione), resti in quelli disciplinari ingiustificati quando i giudici stabiliscano che "il fatto materiale non sussiste".

"Dirimente è il superamento di ogni forma di garantismo del posto di lavoro a prescindere, perché costituisce un pesante fattore di inibizione per le nuove assunzioni", dichiara il presidente della commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi (Area popolare), che spinge sul superamento del "Novecento ideologico".

"Al netto delle discriminazioni il rapporto di lavoro deve sempre potersi risolvere anche attraverso un adeguato indennizzo in assenza di giusta causa o di giustificato motivo". Il Jobs act, "anziché essere solo scritto dal Governo con la mano destra, riteniamo debba anche essere scritto con quella sinistra", afferma invece il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano (Pd), che ha incontrato Poletti.