“Ieri il senatore Chiti ha detto che stiamo imboccando in senso contrario l'autostrada della democrazia, per l’unico politico che lo ha fatto davvero è stato il presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando, grande sostenitore di questa riforma”.
Maurizio Rossi (Gruppo Misto-Liguria Civica) ha cominciato così il suo intervento in Aula sulla modifica del Senato, provvedimento su cui è in corso la discussione a Palazzo Madama, partendo da quello che ritiene il “caso Liguria” – con un clamoroso j’accuse alla “malagestione” – e arrivando a una inevitabile conclusione, seguendo il filo del suo ragionamento: “La Liguria non è l’unica ad essere governata in modo pessimo, quindi la vera riforma da realizzare è quella delle Regioni, che sono diventate il peggio della politica italiana: come possiamo affidare la scelta dei nuovi senatori, rischiando pure di trovarci degli inquisiti, e con l’immunità, per le spese pazze, scandalo che già ha prodotto decine di arresti e di indagati? Come possono queste Regioni dare una risposta alle esigenze del Paese?”.
La ricetta di Rossi è presto detta: “Bisogna costituire delle macroregioni da almeno cinque milioni di abitanti l’una e se proprio non si vuole, almeno si faccia per gestire al meglio la sanità. Che senso ha che La Spezia stia nel sistema sanitario ligure e non in quello dell’attigua Toscana, o che la Liguria paghi ogni anno cifre consistenti per la fuga dei pazienti in zone limitrofe, distanti solo una trentina di chilometri?”.
A sostegno della sua tesi, Rossi ha anche sciorinato tutta una serie di dati: “Su 17 riunioni della Conferenza Stato-Regioni, la Liguria nell’ultimo anno ha partecipato solo nove volte, e Burlando una volta sola. Questo è l’interesse delle Regioni e non è che le altre si siano comportate molto meglio”. Citando le difficoltà nel realizzare la riforma della legge elettorale regionale ligure (“mi aspetto che venga alla fine boicottata perché molti dicono di voler abolire il listino, che però invece serve perché si sono fatte promesse per il futuro in cambio di sostegno elettorale”) e altre questioni aperte come l’operazione Erzelli (“Banca Carige vecchia gestione si è esposta per 250 milioni e sappiamo i problemi che ancora ha l’istituto di credito”), la gestione della società regionale di informatica Datasiel (“una voragine”) e i rilievi della Corte dei Conti sul bilancio regionale 2013 (con particolare riferimento all’istituto Arte, “fatto indebitare per coprire la voragine della sanità”), Rossi ha concluso: “L’attuale sistema delle Regioni non sta più in piedi, soprattutto se gestite – e ribadisco che la Liguria è solo un esempio - come un grande ammortizzatore sociale finalizzato alle clientele politiche”.
In precedenza era intervenuto il leghista Arrigoni, che rivolgendosi direttamente al premier Renzi, pur assente, ha osservato: “Questo progetto, seppur migliorato, non funziona, non innova e porta il Paese in un pericoloso crinale. Presidente del Consiglio, non si intestardisca: abbia il coraggio di accettare le proposte della Lega Nord per far sì che la riforma diventi un radicale e vero cambiamento del Paese, con effetti diretti e positivi per la vita di cittadini e imprese, i quali - diversamente - non rimarranno a guardare e, di fronte alla cecità, piuttosto che finire nel baratro, cercheranno di autodeterminarsi e a quel punto, dietro al Veneto che ha già intrapreso la strada per il referendum dell'indipendenza, seguirà presto a ruota la Lombardia, dove vivo”.
Anche il senatore Tocci, del Pd, ha pronunciato parole critiche, ma cercando una sponda positiva dopo aver enumerato tutte le sue perplessità: “Spero sinceramente che il testo finale mi consenta di rivedere questi giudizi negativi. Onorevoli senatori, ho fiducia in quest'Aula e soprattutto nella possibilità che tra noi si affermi uno spirito davvero costituente”.
politica
Riforma del Senato, in aula è bagarre Rossi: “Contromano come Burlando”
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