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Genova. Quasi una maledizione: prima Ericsson, poi Esaote, adesso la Siemens. Il parco tecnologico degli Erzelli avrebbe dovuto essere volano di sviluppo economico e di crescita occupazionale. Ancor prima di partire, invece, ecco i tagli (una novantina) al colosso delle telecomunicazioni, quelli previsti dall’azienda biomedicale (oltre sessanta) che mette in forse anche il trasferimento nel villaggio hi-tech e, ora, quelli che sta progettando Siemens. Il gruppo di Monaco di Baviera sta pensando a un dimagrimento complessivo di 11.600 posti.

E per quanto riguarda Genova, dove operano 400 dipendenti diretti e 350 dell’indotto, ma presenti fisicamente in azienda? La risposta al quesito viene da Bruno Manganaro, segretario della Fiom Cgil: “Ancora non abbiamo comunicazioni ufficiali, ma si parla di un 5% degli indiretti. Significa una ventina di persone, ma in realtà avvertiamo pericoli anche sul versante interno”. Manganaro rileva, inoltre, come il caso-Siemens vada ad aggiungersi agli altri già aperti e che a questo punto impongono una riflessione complessiva del progetto Erzelli.

Anche alla luce del reticolo di società, persino con fiduciarie “coperte” che hanno sede in Lussemburgo, svelato da Liguria Civica (lo si può vedere sul suo sito), il movimento fondato dal senatore Maurizio Rossi. “In questa operazione – rileva Manganaro, intervistato da Primocanale – sono stati investiti milioni di euro di denaro pubblico e poiché finora ha prodotto licenziamenti anziché incrementi del lavoro è chiaro che sia necessaria una riflessione globale. Nei prossimi giorni chiederemo certamente di fare un punto della situazione, perché stiamo perdendo pezzi di industria importanti ed Erzelli rischia di rivelarsi una cattedrale nel deserto”. Il leader della Fiom osserva che “chiaramente in tutto il discorso si inseriscono le criticità delle singole aziende, ma – incalza – stiamo assistendo a un fenomeno singolare: le imprese prendono, ma poi non danno.

Il caso di Esaote è emblematico: c’è un accordo di programma in base al quale la società presieduta da Carlo Castellano ha ottenuto di convertire a fini commerciale l’area attuale, ma in cambio deve garantire i livelli occupazionali. Se questo non accade, il Comune deve farsi valere e, come abbiamo già chiesto, bloccare quello scambio. Già i commercianti di Sestri lo hanno preso male, perché un altro supermercato significa altra concorrenza in un momento difficile, ma è stato accettato dietro la garanzia della salvaguardia dei posti di lavoro. Se questa viene meno non è pensabile che si possa andare avanti”. Non ultimo, c’è un ulteriore elemento: su Erzelli Banca Carige è esposta per circa 250 milioni e nei giorni scorsi l’istituto ha affidato la revisione dell’intero dossier a un consulente specializzato perché faccia chiarezza. La cosa invero particolare è che Carige sia socia, nella galassia che sta dietro l’operazione, con una fiduciaria non meglio identificata.

E anche su tutto questo versante Manganaro osserva: “Le vicende Carige sono molto complesse, ma non c’è dubbio che pure questo argomento impone riflessioni a più ampio respiro sula vicenda Erzelli e su come si sta sviluppando, o meglio non sviluppando, la presenza delle aziende nel villaggio tecnologico. Noi abbiamo il dovere di difendere l’occupazione e lo faremo con tutte le forze e una mano, anche per il ruolo avuto, deve darla anche il governo”.

Gli incroci pericolosi intorno al parco hi-tech hanno spinto anche il coordinatore regionale di Forza Italia a prendere posizione e ad allinearsi alla battaglia a suo tempo avviata da Liguria Civica, parlando chiaramente di “soldi buttati”, con un attacco frontale a Carlo Castellano, presidente di Esaote, che vuole a tutti i costi il trasferimento di Ingegneria a Erzelli (ma la facoltà, attraverso i suoi organi istituzionali, ha detto con forza di voler rivedere l’intera operazione prima di una decisione finale da paret dell’Ateneo) ma poi non sembra in grado di portarci la sua azienda. Certo, a fronte della durissima presa di posizione verrebbe da chiedersi dove sia stato Biasotti negli ultimi dieci anni. Ma questo è un altro discorso.