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4 minuti e 30 secondi di lettura
di Mario Paternostro

Dunque con la puntata di lunedì finisce l’ultima serie di “Ti ricordi?” . Abbiamo accennato, spesso in queste puntate del 2025 ai misteri ancora oscuri degli “anni di piombo” in Italia e anche a Genova. Me li ha riassunti in modo molto chiaro il senatore del Pd Federico Fornaro che è stato l’ ultimo segretario della Commissione Moro, autore ora di un interessantissimo saggio sull’astensionismo dal titolo “Una democrazia senza popolo”.

Credo che valga la pena di ascoltarli questi misteri: sono domande inquietanti e senza risposta. Pagine rimaste oscure della nostra storia passata, nella quale Genova, ahimé è stata protagonista e vittima.
Chissà che, se mai dovesse ritornare in Italia il br genovese Leonardo Bertulazzi non possa, almeno su alcuni punti, dare qualche chiarimento.
La Camera argentina di Cassazione poche settimane fa ha annullato quello che aveva deciso la giudice , revocando i domiciliari al 73enne brigatista, ordinandone la detenzione con la motivazione del rischio di una sua fuga.

Ora si aspetta una nuova decisione. I difensori di Bertulazzi hanno chiesto che sia considerata la sua “età avanzata” e lo status di “rifugiato” che ancora sussiste.

Bertulazzi è latitante dal 1980. Aveva partecipato al clamoroso sequestro in Spianata Castelletto di Piero Costa nel gennaio del 1977, riconsegnato dopo il pagamento di un riscatto-record e cinquanta milioni di questa somma erano stati spesi per acquistare il covo romano di vis Montalcini che fu la prigione di Aldo Moro, prima della sua uccisione nel marzo del 1978.

Bertulazzi dovrebbe espiare una pena di ventisette anni di carcere. Fuggì come sono fuggiti e letteralmente scomparsi altri due genovesi, Lorenzo Carpi, l’autista del commando br che assassinò Guido Rossa. E’ sparito alla fine del 1980 e da quarantacinque anni non se ne sa più nulla. Sulla sua testa c’è una condanna all’ergastolo.

Hanno trattato l’argomento anche nelle nostre numerose trasmissioni sugli anni del terrore e avanzato ipotesi due giornalisti genovesi Donatella Alfonso e Massimo Razzi . Razzi era compagno di classe di Carpi al Liceo Doria.
La prima che ormai Carpi sia morto. Possibile che nessuno a Genova lo abbia saputo? Carpi aveva parenti stretti in città.
Oppure il br “ha tradito” proprio le stesse Br, parlando. Se fosse così la sua “fuga” sarebbe stata addirittura “aiutata” fin dall’inizio.

Possibile, ma anche altri della colonna genovese hanno parlato in quel periodo e non sono stati lasciati liberi (anche se hanno avuto sostanziosi sconti di pena). Da escludere anche il ruolo di “infiltrato” perché Carpi ha partecipato a tre omicidi anche se solo in veste di autista
Un’altra supposizione: Carpi è stato abile e furbo. È scappato ed è riuscito a far perdere le sue tracce. L’antiterrorismo lo ha cercato nel Nord del Portogallo. Nulla di fatto. Gli inquirenti pensavano di essere arrivati vicini a prenderlo ma, poi, l’ipotesi si rivelò un buco nell’acqua. C’è poi la storia (o la leggenda metropolitana) secondo la quale, sei anni dopo la sua scomparsa, una signora genovese, madre di un compagno di scuola del terrorista avrebbe incontrato il latitante nel sottopassaggio di Piazza De Ferrari. La signora era sicura e assolutamente in buona fede.

Il secondo latitante è Livio Baistrocchi, il brigatista che avrebbe sparato al professor Filippo Peschiera che era riuscito con in credibile coraggio a “esaminare” i brigatisti che lo avevano legato a un termosifone della sua Scuola di Formazione Politica, prima di sparargli alle gambe.

Anche sulla testa di Baistrocchi pende una condanna all’ergastolo. Anche lui è latitante da oltre 40 anni. La copertina del libro di Sergio Luzzatto sulla storia delle Br genovesi è un’ elaborazione grafica di una foto di Viktor Bulla, realizzata da Carlo Rocchi, uno pseudonimo dietro al quale si celava proprio Baistrocchi, ex di Potere operaio, artista di formazione. Era stato un militante del Pci in prima gioventù e poi di Potere Operaio, entrato nelle Br dalla loro costituzione con il nome di "Lorenzo".
Sembra che Livio Baistrocchi, non fosse ancora noto agli inquirenti, e che il suo nome sia emerso solo dopo la disgregazione della colonna di Genova, grazie alle testimonianze di una serie di brigatisti che collaborarono con le forze dell'ordine.

Baistrocchi non fu coinvolto nella tragico blitz di via Fracchia che annientò la colonna genovese delle Br, anche se forse aveva un appuntamento proprio con tre brigatisti presenti nell'appartamento di  Annamaria Ludmann, per portare a termine il giorno successivo un nuovo attentato. Baistrocchi scelse, all’inizio degli anni Ottanta, di abbandonare le Brigate Rosse e riuscì a fuggire all’estero, scomparendo, facendo perdere completamente le sue tracce.

Insomma, tutto finisce nel mistero, non solo le grandi e tragiche storie di Moro e dei possibili ispiratori della sua eliminazione, ma anche le vicende genovesi, di questa colonna così “dura” già utilizziamo proprio questo aggettivo che richiama il nome del capo indiscusso della banda. Genova, cari amici, è sempre in mezzo alle storie degli Anni di Piombo. E proprio Fornaro nell’intervista esclusiva che mi ha dato prima dell’estate dopo un interessante dibattito nel circolo Pd della Foce, avanza ipotesi anche clamorose che riguardano per esempio la rivelazione di un infiltrato durante il sequestro del giudice Mario Sossi nel 1974 e proprio sul ruolo dei br genovesi nell’ultima prigionia del presidente della Dc. Un’epoca, dunque, che non dobbiamo dimenticare e che merita, ancora, di essere studiata. I misteri sono davvero troppi.

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