Cultura e spettacolo

Questa sera la consegna del riconoscimento prima della proiezione del suo ultimo film 'The master gardener'
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Se pure rimasto ai margini di un movimento, quello della New Hollywood degli anni settanta e ottanta, dove hanno brillato altri suoi colleghi come De Palma, Scorsese, Coppola, Lucas e Altman, Paul Schrader – che meritatamente Venezia omaggia stasera del secondo Leone d'oro alla carriera di quest'anno dopo quello consegnato a Catherine Deneuve nella cerimonia d'apertura – è una figura fondamentale del cinema contemporaneo, e non solo come regista. Basti pensare alle tante sceneggiature di capolavori che ha firmato, vedi 'Yakuza', 'Taxi driver' e 'Toro scatenato'.

Come ha giustamente sottolineato il direttore della Mostra Alberto Barbera, Schrader ha rivoluzionato l’immaginario, l’estetica e il linguaggio dello schermo, cineasta profondamente influenzato dalla cultura europea, sceneggiatore ostinatamente indipendente se pure capace di muoversi con disinvoltura nel sistema hollywoodiano. Si potrebbe aggiungere, anche fortemente contemporaneo. Una contemporaneità con cui si confronta non solo con curiosità intellettuale ma anche con una notevole capacità di navigare l’evoluzione tecnologica del cinema e quella del suo sistema produttivo. Schrader ha scritto e diretto più di trenta film. Dopo gli inizi come critico si è imposto con sceneggiature innovative, lasciando un segno indelebile in pellicole di registi come Pollack e De Palma, collaborando poi per quattro volte con Martin Scorsese.

Il debutto dietro la macchina da presa è del 1978, il grande successo internazionale arriverà due anni dopo con 'American Gigolo' che lancia Richard Gere nel firmamento delle star. Tra gli altri suoi film 'Cortesie per gli ospiti' da un romanzo di Ian McEwan adattato da Harold Pinter, 'Lo spacciatore', storia di un piccolo criminale che tenta di tornare ad una vita normale, quello che lui ha definito il suo film “più personale”, 'Affliction', molto apprezzato dalla critica che è valso ai due protagonisti, Nick Nolte e James Coburn, altrettante nomination all’Oscar e il recentissimo 'Collezionista di carte' presentato a Venezia proprio l'anno scorso. Un autore spericolato che spesso ci ha mostrato antieroi in cerca di redenzione ed espiazione, tormentati dal dolore e dai sensi di colpa, lacerati da demoni nascosti con cui dover fare i propri conti in una contaminazione della disperazione più nichilista che cinica, prigionieri di una gabbia che cambia continuamente ma da cui uscire è impossibile.