Proseguono le indagini della Procura di Genova sul trentenne già detenuto in carcere con accuse gravissime di reati sessuali ai danni di minorenni. Coordinati dalla pm Valentina Grosso e condotti dagli agenti del commissariato di Sestri Ponente e della squadra mobile, gli inquirenti stanno verificando l’esistenza di eventuali ulteriori vittime, invitando chiunque possa riconoscere elementi utili a contattare le autorità in modo riservata. È accusato anche di stupro su tre minori.
Il nickname con cui agiva su instagram
Un elemento chiave per identificare possibili nuovi casi è il nickname utilizzato dall’indagato sui social network, in particolare su Instagram: dome.balboa. Secondo quanto emerso dall’inchiesta, che copre un periodo dal 2020 al 2024, l’uomo avrebbe adescato ragazzine molto giovani attraverso i social, mostrando video a contenuto sessuale, offrendo somme di denaro o piccoli regali – come una sigaretta elettronica, un orso di peluche o un paio di scarpe sportive – in cambio di atti sessuali. In diversi episodi contestati, almeno nove le vittime, avrebbe invitato le minorenni in casa dove c'erano anche i genitori, spesso in altre stanze, e dove avrebbe compiuto pratiche feticistiche e sadomasochistiche.
Dalla violenza sessuale all'estorsione: le accuse per il 27enne
Le accuse includono induzione alla prostituzione minorile, atti sessuali con minori, violenze sessuali aggravate, tentativi di induzione, produzione di materiale pedopornografico ed estorsione. In alcuni casi, nonostante il rifiuto espresso dalle giovani, che in diverse occasioni piangevano o chiedevano di fermarsi, l’indagato avrebbe comunque costretto alle prestazioni, approfittando della loro vulnerabilità e della giovane età – in alcuni episodi si parla di ragazzine intorno ai 12-15 anni.
Le indagini sono partite dalla telefonata dell'indagato alla polizia: aveva ricevuto minacce da parte del padre di una delle vittime; da lì il sequestro dei dispositivi elettronici, da cui sono emerse centinaia di chat con minorenni. L’uomo rimane in carcere, con il giudice che ha confermato la misura cautelare per il pericolo di reiterazione del reato e per tutelare eventuali altre vittime.