Centinaia di persone. Centinaia di amici, compagni di scuola, compagni di vita. Tutti lì, in silenzio, stretti attorno alla famiglia di Lara Lorenzini, la ragazza di soli 16 anni scomparsa troppo presto. Una vita che seppur breve, lascia un vuoto che pesa come un macigno, ma anche una testimonianza luminosa per chi l’ha conosciuta.
Indagini sulla morte di Lara, nel mirino gli spuntoni di ferro che l'hanno infilzata
Chiesa Maria Ausiliatrice gremita
Una chiesa Maria Ausiliatrice, gremita e raccolta, dove il dolore non ha bisogno di parole. A provare a dare un senso a questo strappo è stato il vescovo Antonio Suetta, con parole sussurrate ma profonde: “A rispondere a tutte le domande sarà il Signore. Siamo qui per chiedere a Dio che, piano piano, consoli i cuori. E che la faccia sentire ancora viva. Per suo papà, per sua mamma, per chi ha condiviso con lei un pezzo di cammino”.
Parole forti. Difficili da accogliere, almeno ora. Perché è ancora troppo presto. Troppo il dolore. Papà Marco e il fratello Luca non hanno mai lasciato la bara, di un bianco che acceca. Hanno tenuto le mani appoggiate su quel legno per tutta la funzione. Un gesto semplice, ma carico d’amore. Come a dire: “Non ti lasciamo andare”. C’è chi non ha retto al dolore ed è uscito. Fuori, abbracci stretti, sguardi smarriti, carezze tra chi condivide lo stesso vuoto.
Il vescovo Suetta: "Una fiamma che oggi brucia ma che si può trasformare in una scia di luce"
Dentro, occhi gonfi di lacrime, incapaci di guardare l’altare. Difficile accettare che Lara stia per fare il suo ultimo viaggio. Da sola. “Perché quando si muore – ha detto ancora il vescovo Suetta – si muore da soli. È un passaggio decisivo. Doloroso. Come il fuoco. Il fuoco che purifica”.
Una fiamma che oggi brucia. Ma che, nel tempo, potrà trasformarsi in una scia di luce. Quella che Lara ha lasciato dietro di sé, in chi la porterà per sempre nel cuore.
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