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GENOVA - Con l'arrivo del maltempo e l'allerta arancione diramata sulla Liguria (Leggi qui) alcuni comuni del Centro-Levante hanno deciso di tenere le proprie scuole chiuse. Invece a Genova le scuole di ogni ordine e grado resteranno aperte.

Giovedì 19 ottobre scuole chiuse a:

Ameglia (Sp),

Arcola (Sp)

Bolano (Ge),

Borghetto Vara (Sp),

Borgonasca (Ge)

Brugnato (Sp),

Calice al Cornoviglio (Sp)

Castelnuovo Magra (Sp),

Chiavari (Ge) chiusi: l'Istituto Assarotti, Viale Millo 4; Via Castagnola 2-4 e 11-15A, Via Santa Chiara 20, limitatamente all’edificio in adiacenza al Rio Bacezza; Casa Marchesani.

 
Cicagna (Ge),
 
Cogorno (Ge),
 
Deiva Marina (Sp),
 
Follo (Sp),
 
Lavagna (Ge),
 
La Spezia (aperti invece gli istituti universitari; del polo Marconi; del conservatorio G. Puccini; e dei centri di formazione professionale),
 
Levanto (Sp),

Luni (Sp),

Mezzanego (Ge),

Moconesi (Ge),

Moneglia (Ge),

Monterosso (Sp),

Ne (Ge),

Pignone (Sp),

Porto Venere (Sp),

Quiliano (Sv),

Rapallo (Ge),

Riomaggiore (Sp),

Riccò del Golfo (attivo nido d'infanzia Mago Verdino),

San Colombano Certenoli (Ge),

Santa Margherita Ligure (Ge),

Santo Stefano di Magra (Sp)

Sarzana (Sp),

Sesta Godano (Sp),

Sestri Levante (Ge),

Vernazza (Sp),

Vezzano Ligure (Sp),

Zignago (Sp).

(in aggiornamento)

 

IMPERIA - La Asl1 Imperiese ha segnalato all'Ordine dei Medici e alla Procura una donna di 50 anni che lavorava come medico al punto di primo intervento dell'ospedale Saint Charles di Bordighera (Imperia) "senza essere iscritta all'Ordine". "Era stata assunta da una società che fornisce personale sanitario all'Asl" spiega una nota.

E' stato il direttore del Dipartimento governo clinico e servizi a segnalare la vicenda ai vertici della Al1 dopo avere scoperto che il presunto medico "aveva prodotto un' autocertificazione dicendo di essere iscritta all'Ordine dei Medici" di Torino. "Sul personale sanitario in servizio presso i nostri presidi ospedalieri e non solo - spiega una nota -, Asl1 effettua periodicamente controlli relativi alla documentazione presentata dai medici che lavorano presso la nostra azienda o che lavorano presso le cooperative mediche.

La donna, non dipendente Asl1 ma della azienda che fornisce medici, è stata in servizio al Ppi di Bordighera per tre turni. Abbiamo attivato immediatamente tutti i canali per denunciare l'illecito da parte di questa persona" dice la Asl1.

 

GENOVA - La polizia di Stato di Genova ha arrestato un 16enne per detenzione di sostanza stupefacente. Lunedì pomeriggio il giovane è stato fermato per un controllo di routine dagli agenti del commissariato Cornigliano.

Il 16enne però ha mostrato subito segni di agitazione e nervosismo, a quel punto i poliziotti insospettiti gli hanno chiesto di mostrare quello che aveva in tasca: il giovane ha subito estratto due tavolette di hashish del peso complessivo di 140 grammi. Poi è stato portato in Questura dove all'interno degli slip aveva nascosto 1540 euro e un involucro con 15 grammi di cocaina.

Il giovane non ha con sé documenti e risulta un irregolare nel territorio nazionale. Per questo è stato portato al centro di accoglienza di via Frugoni. 

GENOVA - "Le contestazioni erano abbastanza pesanti, non tanto nei numeri ma nella durezza. Ne parlai con il presidente Preziosi che mi disse che le contestazioni sarebbero finite non appena sarebbero arrivati i risultati. Con un clima così è ovvio che cerchi una soluzione. E la soluzione fu che andai ad allenare l'Atalanta, ma non venni esonerato". Lo ha raccontato in aula l'ex allenatore del Genoa Gian Piero Gasperini, oggi all'Atalanta, nel corso del processo a Genova a 15 ultrà per i ricatti alla società. L'indagine ha riguardato presunte estorsioni nei confronti della vecchia proprietà del Genoa, quando era presidente Enrico Preziosi.

"Allenai fino all'ultimo. Dopo il derby un gruppo di tifosi venne a Pegli ma la società, credo il team manager, mi disse che volevano vedere solo la squadra, non me" ha aggiunto Gasperini.

E' stato sentito l'ex giocatore Dario Dainelli. "Mi ricordo di una delegazione che venne dentro la società. Non mi ricordo cosa ci dissero, volevano più impegno dalla squadra. Non ho subito atti di violenza. Ma me ne andai via perché non mi sentivo più apprezzato".

In un momento di pausa lo storico capo ultrà Massimo Leopizzi, imputato, ha lasciato l'aula dicendo "è un processo per quattro striscioni e sembra che processino Totò Riina". A processo ci sono 15 ultrà del Genoa indagati nell'ambito dell'inchiesta sulle estorsioni alla società dal 2010 al 2017.
L'indagine era del sostituto Francesca Rombolà e del procuratore aggiunto Francesco Pinto, e aveva portato in carcere Massimo Leopizzi, Artur Marashi e Fabrizio Fileni, con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata all'estorsione e violenza privata per aver estorto al Genoa circa 327 mila euro.

Dal novembre 2021, il Genoa è passato di mano e i nuovi proprietari sono i titolari della società americana 777 Partners. Il cambio di proprietà ha portato al cambio del presidente e dell'amministratore delegato oltre che di altre figure di vertice.

L'associazione non era contestata a tutti gli indagati. Secondo gli inquirenti, il gruppo di tifosi avrebbe costretto con minacce la società, nella persona dell'ex amministratore delegato Alessandro Zarbano, a versare i soldi attraverso fatturazioni per operazioni inesistenti in favore della Sicurart, una società di cui uno degli ultrà, Leopizzi, era socio occulto. Il gruppo è accusato inoltre di avere aggredito i giocatori e gli allenatori quando non vincevano le partite o non giocavano come volevano loro. Gli ultrà, secondo l'accusa, avrebbero imposto la "pace del tifo" in cambio di denaro.

Gli imputati sono difesi, tra gli altri, dagli avvocati Riccardo Lamonaca, Davide Paltrinieri, Stefano Sambugaro, Elisabetta Feillene, Riccardo Passeggi e Laura Tartarini. Tra gli episodi contestati, le minacce e le intimidazioni agli altri tifosi rossoblù che non rispettavano le direttive di Leopizzi circa il comportamento da tenere dentro lo stadio, quando ad esempio veniva deciso di non entrare per protesta oppure al contrario di contestare i giocatori.

 

GENOVA - Torture, violenze, anche sessuali, lavori forzati: sono queste le storie di tanti dei 63 migranti che questa mattina sono sbarcati a Genova dalla Geo Barents, la nave della Ong Medici Senza Frontiere che li ha salvati a largo della Libia e dopo tre giorni di navigazione li ha portati nel capoluogo ligure.

"Erano in condizioni molto precarie, queste persone sono state soccorse in una situazione in cui la loro vita era in pericolo - racconta Fulvia Conte di Medici Senza Frontiere -. Ci sono casi medici che sono sbarcati per primi e sono sicuramente anche in condizioni psicologiche delicate. Ci hanno raccontato non solo i motivi per cui sono partiti dai loro paesi, motivi drammatici di fuga dalla violenza, ma anche il periodo in Libia ci hanno raccontato essere drammatico: chi in cattività, chi nei centri di detenzione, chi ai lavori forzati, chi sotto torture, violenza, violenze sessuali. Anche se le violenze fisiche non sono sempre visibili, ma hanno molte cicatrici, ci sono state violenze psicologiche abbastanza pesanti".

Oltre alle violenze e alla salute mentale ci sono anche alcuni casi di malattia: 15 delle persone soccorse sulla nave sembra abbiano la scabbia.

Il salvataggio è avvenuto tre giorni fa al largo delle coste libiche. "Dopo aver ricevuto l'indicazione che ci fosse una barca in difficoltà, che arrivava anche da un aereo di Frontex, abbiamo cercato questo gommone per tre ore nella notte, è stato difficilissimo - spiega Conte -. Quando siamo arrivati avevano entrambi i tubolari abbastanza sgonfi ma siamo riusciti a salvare tutte e 63 le persone. Dopodiché c'è stato assegnato il porto di Genova, il più lontano mai assegnato alla Geo Barents, che dista 1160 km. Le navi non hanno la velocità di un treno o un mezzo di gomma e abbiamo impiegato tre giorni per raggiungerlo. Non sono solo tre giorni in più di navigazione per le persone a bordo ma sono anche tre giorni che allontanano una nave da soccorso dall'area dove si sa che ci sono altre persone in difficoltà".

L'operatrice di Medici Senza Frontiere racconta anche di altre barche in difficoltà che la Ong non ha potuto soccorrere, "parliamo di centinaia di persone - dichiara -. Alcune sono state soccorse dalla Guardia Costiera o da altre Ong, delle altre non si sa più nulla. Alcune sono state invece respinte e riportate in Libia, cosa che va contro il diritto internazionale e i diritti umani e riportate in quel ciclo di detenzione, tortura e violenza, che purtroppo è noto".