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“Noi facciamo cose che volano, loro cose che galleggiano. E l’elettronica è il collante”. Sono parole di Roberto Cingolani, amministratore delegato di Leonardo. E’ il “noi” di quel ragionamento, pronunciato durante un’audizione in Parlamento. Il “loro”, invece, è Fincantieri, guidata da Pierroberto Folgiero. Fa una aggiunta, Cingolani: “E’ semplice”.

 

Ecco, qui non sono d’accordo. Quando parliamo di Leonardo, la ex Finmeccanica, e Fincantieri, di semplice non c’è proprio niente. Perché a rigor di logica e di buon senso dovrebbe essere proprio come dice l’ex ministro e l’ex capo dell’Iit di Genova. Però essendo le due aziende proprietà dello Stato puntualmente ci si mette di mezzo la politica. E allora il semplice diventa complicato, maledettamente complicato.

 

Difatti in una intervista sul Secolo XIX, rilasciata a Gilda Ferrari, Cingolani puntualizza che una fusione non è all’ordine del giorno. Anzi, la troverebbe “sconveniente”. Mani avanti e camminare. Se i due gruppi si mettessero insieme darebbero vita a un colosso da oltre 20 miliardi di ricavi, con un portafoglio ordini superiore ai 70 miliardi, un numero di dipendenti appena inferiore ai 71 mila e presenze di eccellenza un po’ in tutto il mondo. La nuova realtà sarebbe nella top ten delle aziende planetarie e l’Italia potrebbe competere con Cina e Stati Uniti. Proprio come sostiene Cingolani.

 

Ma di fusione non si può parlare. Ai tempi del compianto Giuseppe Bono, si era immaginata una “Finmeccanica 2”, cioè un gruppo che radunasse tutto il civile, compreso quello di Piazza Monte Grappa, e che facesse capo a Fincantieri. Però gli ostacoli, anche di natura politica, furono insormontabili. E abbiamo assistito, per contro, alla vendita di asset strategici quali Elsag o Ansaldo Sts. Ecco perché opportunamente è meglio affermare che le nozze non sono (attualmente) contemplate.

 

L’alleanza, invece, è fattibile ed è proprio ciò a cui stanno lavorando Cingolani e Folgiero. Di più: mentre i due manager mettono a punto delle strette collaborazioni in vari settori, coinvolgendo anche la Marina Militare, il governo italiano guarda con interesse al progetto complessivo. Perché potrebbe segnare il primo passo verso quella Difesa unica continentale senza la quale l’Europa è destinata a rimanere pesantemente subalterna sullo scacchiere geopolitico mondiale.

 

I ragionamenti intorno a Leonardo e Fincantieri, dunque, hanno una precisa vista sull’Unione europea. Di conseguenza, sono importantissimi anche per la Liguria. Fincantieri ha circa 3.400 dipendenti tra Genova e La Spezia, con un indotto di piccole e medie imprese che danno lavoro a quasi 20.000 persone. Da parte sua Leonardo ha egualmente un grande peso: conta 2.700 addetti diretti e un indotto fatto di circa 8.000 lavoratori. 

 

Questi numeri rendono naturale l’attenzione delle organizzazioni sindacali su quanto stanno preparando Cingolani e Folgiero. Però occhio: mettersi di traverso – e questo vale soprattutto per la politica - significherebbe privare l’Europa, l’Italia e la Liguria di una opportunità formidabile. Sono convinto che il futuro sia la fusione fra i due gruppi, per questo motivo la loro alleanza di oggi è comunque strategica: costituisce solo un prodromo.

 

Non credo che a Berlino e Parigi siano felicissimi. E neppure a Londra. Germania, Francia e Regno Unito hanno fior di campioni nazionali attraverso i quali condizionare la nascita della Difesa Ue e dunque basterebbe poco, molto poco, per rendere impossibile quel futuro. Un’impossibilità che diventerebbe certezza se si mettesse in discussione, per ragioni di bottega, l’operato di Cingolani e Folgiero. 

 

Un conto è vigilare che tutto sia fatto come si deve, altro impallinare il progetto. Le cancellerie dei singoli Stati europei e gli Usa, utilizzando le loro aziende controllate come clave, hanno fatto di tutto per ridimensionare Leonardo-Finmeccanica e per fermare la crescita di Fincantieri. Nonostante ciò siamo ancora in tempo. Ma questa ha tutta l’aria di essere l’ultima chiamata.