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"Non potevamo fermarci perchè ci era stato suggerito di tirare dritti, quindi abbiamo dovuto mangiare e dormire in macchina, eravamo stremati. Il bimbo di 4 anni è stato un angelo, non ha mai pianto" spiega Andrea
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GENOVA-Circa 18 ore di macchina, da Genova a Medica. Un lungo viaggio per strappare ai bombardamenti 33 profughi: in ogni macchina una famiglia, nonne mamme e bambini, ora al sicuro nel capoluogo ligure. "Chi guidava ora cerca di prendersi cura al meglio della famiglia ucraina con cui ha passato ore e ore stipati in macchina" spiega Raffaella, che insieme a suo marito ha deciso di partire per aiutare le donne e i bambini al confine. 

"Lo ritengo un privilegio, il privilegio di aiutare - continua Raffaella -. L'idea è stata di un nostro amico di famiglia, è stato lui a mettersi d'accordo con padre Vitalji e organizzare una 'carovana' di auto per partire e aiutare. In tutto eravamo circa sei macchine e abbiamo portato, anzi 'accompagnato' indietro 33 profughi".

Un gruppetto che oggi è in città, molti sono ospitati da amici o parenti, altri, invece, sono stati accolti seguendo le linee guida indicate dalla Prefettura e ora si trovano nell'ex Covid hotel di via Liri, nella residenza Santa Dorotea. Svetlana, Viktoria e Nikita (In foto) : nonna, mamma e figlio, tre generazioni scappate dal loro paese. Ringraziano chi li ha portati a Genova, Raffaella e Andrea, "sono i nostri angeli custodi" ha continuato a ripetere Svetlana in russo mentre Nikita incontrava lo 'Spiderman' ligure (LEGGI QUI). È bastata qualche acrobazia per portare spensieratezza e gioia ai bambini ospitati dalla struttura messa a disposizione da Regione Liguria, in tutto sei, due dei quali malati oncologici e in cura all'ospedale pediatrico Giannina Gaslini. Intanto l'Italia e la Liguria continuano ad accogliere chi scappa dall'Ucraina: sono le 83 persone fragili, bambini, anziani e diversamente abili che la Croce Rossa Italiana ha fatto evacuare da Leopoli e portato stamani nel Paese con un convoglio di 36 mezzi. 12 di questi verranno smistati in varie regioni, tra cui Liguria, Umbria, Toscana, Abruzzo, Basilicata e Puglia.

"Sappiamo che al di là del confine c'è l'inferno, ma dall'altra c'è un vero cuore che batte pieno di solidarietà - spiega Raffaella -. Le persone arrivano da tutta Europa per aiutare. Un momento che non mi dimenticherò mai e che descrive al meglio la situazione è quando ho visto un soldato polacco inginocchiato davanti ad una scatola di cartone che faceva scegliere ad una bimba ucraina un paio di guantini, ma non solo per proteggersi dal freddo, anche di un colore che potesse andare con il suo giaccone".

"È uno shock: da una parte c'è il meglio dell'umanità, dall'altra il peggio".

Ora Raffaella e Andrea cercano di prendersi cura della famiglia che hanno portato in salvo in Liguria, come chi guidava le altre auto della carovana cerca di accudire le persone che si sono affidate a loro. "Il viaggio di ritorno è stato difficile, lungo e faticoso: non potevamo fermarci perchè ci era stato suggerito di tirare dritti, quindi abbiamo dovuto mangiare e dormire in macchina, eravamo stremati. Il bimbo di 4 anni e mezzo che abbiamo portato qui a Genova in macchina con noi, nonostante fosse spaventato e distrutto, non ha mai pianto o urlato, un vero angelo".

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