cronaca

A Genova il tasso disoccupazione era al 10% nell'ultimo trimestre 2020
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 Un altro Primo Maggio senza cortei, un primo maggio che non è una festa in un momento così drammatico per il lavoro in Italia a causa della crisi economica causata dalla pandemia. 

I dati Istat dell'ultimo trimestre 2020, resi noti dalla Cgil, dicono che a Genova il tasso disoccupazione era al 10%, il 12,7% per le donne e il 7,7% per gli uomini e la metà di queste persone non ha un impiego da 12 mesi. Ancora, Genova e provincia hanno perso altri 4.656 occupati (-1,39%) rispetto allo stesso periodo 2019, con gli occupati attestati a 335 mila (184 mila uomini e 151 mila donne) e l'occupazione giovanile è solo il 3,4% del totale. Mentre la disoccupazione giovanile, da tempo superiore alla media italiana, è passata in otto anni dal 21 al 36%. Un quadro a cui si aggiunge che il 30% dei disoccupati risulta "inattiva", cioè non cerca più un lavoro. 


“In questo primo maggio dedichiamo la festa del lavoro alle donne: le categorie del mondo del lavoro che stanno soffrendo di più nella pandemia sono proprio le donne ma anche i giovani, i precari e tutti quelli che un lavoro lo stanno ancora cercando. Il sindacato, la Cisl, già prima dell’emergenza sanitaria ha saputo tenere insieme il Paese: donne, uomini, giovani, anziani, lavoratori del pubblico e del privato, italiani e stranieri. Perché è questo che serve al Paese e alla Liguria per risollevarsi e per guardare al futuro con rinnovata speranza", ha commentato Luca Maestripieri segretario generale Cisl Liguria.



"Abbiamo pensato che questa giornata simbolica fosse l'occasione giusta per presentare questo Coordinamento, che nasce per dare voce a chi non ce l'ha, a chi non ha un lavoro. Una rappresentanza politica che mancava e visto che per il secondo anno a causa della pandemia non possiamo fare una manifestazione".spiega il segretario generale della Camera del Lavoro di Genova, Igor Magni. "Nei primi mesi dell'anno il Sol, Servizio orientamento al lavoro della Cgil ha accolto circa 300 persone, al 95% disoccupati di lungo corso, che chiedevano aiuto per cercare un'occupazione; quattromila negli ultimi anni, tra i 45 e i 60 anni, con bassa scolarizzazione e per la metà circa di origine immigrata. E proprio da loro è nata l'idea del coordinamento che si propone di "aprire un confronto con le amministrazioni, la politica, il Comune in particolare, per provare a mettere insieme una serie di temi, dagli investimenti per portare lavoro alla creazione di percorsi che hanno bisogno di una regia, per mettere insieme la formazione con le esigenze del territorio" spiega Magni.

Dalla Cisl, invece, la decisione di dedicare il Primo Maggio al lavoro delle donne, con una videoconferenza. Questo perché già normalmente sono soggetti meno pagati a parità di mansione e che più difficilmente assumono posizioni di vertice, ma, a seguito del Covid la situazione è ulteriormente peggiorata: la percentuale di donne che ha perso il lavoro nel 2020, infatti, è stata doppia rispetto a quella dei maschi. L’“effetto Covid“ è stato devastante e per tutto il 2020, secondo lstat, non si è mai interrotto. Il periodo peggiore è stato quello del primo lockdown, ma l’effetto è perdurato anche nei mesi successivi. Le donne, sempre secondo i dati Istat, risultano più penalizzate anche per quanto riguarda le nuove assunzioni. Considerando i primi nove mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, si registra un calo del 26,1% delle nuove assunzioni femminili a fronte della diminuzione del 20,7% dei contratti attivati per gli uomini. Al 30 settembre dello scorso anno, secondo i dati Istat, il saldo annualizzato per gli uomini è nuovamente positivo, mentre per le donne si registrano ancora cali.

Scorrendo ancora i dati, quella delle donne è la categoria che registra il minore numero di reingressi nel mercato del lavoro dopo il primo lockdown e quelle che una nuova occupazione l’hanno trovata hanno impiegato più degli uomini. In più, nel computo degli infortuni sul lavoro, dall’analisi dei dati Inail si scopre che a diminuire (del 22,14%) per effetto dello stop o del calo di molti comparti sono stati solo gli infortuni occorsi ai lavoratori di sesso maschile, mentre gli infortuni capitati alle lavoratrici sono leggermente aumentati (+1,68). Il 70% dei contagi per cause legate al lavoro sono donne.

La maggior parte del personale della Sanità pubblica e privata e delle occupazioni connesse (come quelle legate alla pulizia), e quindi più esposto a rischio Covid, è rappresentato da donne. Le quali sono, da sempre, più spesso soggette a lavoro precario, a lavoro flessibile e anche al lavoro nero, meno “sorvegliabile“ di quello maschile, perché non di rado si svolge in case private dove le lavoratrici sono occupate come colf e badanti. Nel campo della cura di anziani e disabili a domicilio, durante il Covid, si è verificata un’ulteriore perdita di posti di lavoro, anche tra le regolari: molte le famiglie che si sono organizzate in modo da evitare ai loro cari il contatto con soggetti esterni per limitare il rischio di contagio. A fronte di tutto questo, diciamo che le istituzioni nazionali e locali devono prevedere misure ad hoc per dare impulso all’occupazione femminile che tanto di più di quella maschile ha patito la contingenza.