Con il referendum costituzionale di novembre 2016 si va a votare a favore o contro la riforma Boschi-Renzi. Perché votare Sì e perché votare No? Proseguiamo con l'intervento del deputato Stefano Quaranta (Sinistra Italiana) il dibattito sul tema della modifica costituzionale.
Gentile Direttore,
grazie per aver avviato questo dibattito sulle diverse ragioni che si contrappongono nel referendum costituzionale.
La propaganda renziana non parla mai del merito della riforma ma evoca genericamente, in modo populista, parole d'ordine quali: costi della politica, semplificazione, tempi certi legati alla produttività del Parlamento. Ma si tratta, per l’appunto, di propaganda. Io voterò no perché la realtà è ben diversa.
Le riforme e quelle in particolare che riguardano la democrazia ed il funzionamento delle istituzioni dovrebbero essere improntate alla ricerca di un riavvicinamento fra cittadini e politica più che al risparmio... Si toglie, viceversa, il diritto di voto per il Senato. Sarebbe stato utile un serio ripensamento delle regioni nei loro compiti istituzionali e nelle dimensioni territoriali (questa sì che poteva essere occasione di efficienza e risparmio) anziché costruire un Senato dopolavoro di consiglieri regionali e sindaci. La stessa riduzione dei parlamentari si poteva fare in modo equilibrato fra Camera e Senato senza rendere quest'ultimo sostanzialmente impossibilitato a svolgere un serio ruolo di controllo.
La composizione del Senato è imbarazzante: ridotta nei numeri quanto eterogenea: consiglieri regionali, sindaci, senatori di diritto, senatori a vita, senatori per 7 anni... Regioni sovrarappresentate (Lombardia 14 senatori) di cui è difficile comprendere come potrà funzionare contemporaneamente il consiglio regionale... Ed altre, circa la metà, tra cui la Liguria avranno solo 2 esponenti e rischiano l'assoluta irrilevanza.
Il procedimento legislativo è assolutamente cervellotico: si prevedono ben 10 diverse modalità con rischi di paralisi se i presidenti delle camere non concordano nell'individuare le materie prevalenti. Le modifiche al titolo V sono mal concepite e ambigue tali da riaprire il contenzioso fra stato e regioni.
La qualità del testo costituzionale è sfregiata da un linguaggio oscuro, ambiguo e a tratti illeggibile per un comune cittadino.
Si critica il bicameralismo sostenendo una scarsa produttività parlamentare ma il problema italiano semmai è l'eccesso di stratificazione di norme, non il fatto che si facciano poche leggi. Si rischia di confondere il presunto cattivo funzionamento delle istituzioni con le responsabilità politiche delle classi dirigenti.
Concludendo, vorrei che si considerasse la legge elettorale: approvata in modo inconsueto prima di quella costituzionale, ne determina il disegno presidenzialista. Il "vincitore certo la sera del voto" è incompatibile con un sistema parlamentare. Si tratta a ben vedere di un presidenzialismo senza garanzie di equilibrio fra poteri e del tutto inedito. Con nominati alla Camera ed elezione diretta del premier al secondo turno ed esecutivo che prevale sul parlamento anche nel potere di legiferare (istituto del voto a data certa) e sulle regioni (clausola di supremazia e riforma del titolo V) sempre più enti senz'anima e da ripensare.
Questa riforma ha conseguenze economiche e sociali, il rafforzamento dell'esecutivo appartiene a questa Europa in cui predomina la finanza e la tecnocrazia, che impone un'agenda frutto del pensiero unico neoliberista che chiede governi affidabili che eseguano più che parlamenti che discutono e decidono liberamente.
Il potere concentrato in pochi eterodiretti da Berlino o da Bruxelles vuol dire liberalizzazioni, privatizzazioni, riforma del mercato del lavoro, tagli a welfare e pensioni.
Voterò no non solo per contrastare una riforma grottesca ed inconcludente, che rischia di pregiudicare il buon funzionamento delle nostre istituzioni ma soprattutto perché la Costituzione deve unire un popolo e non spaccarlo come sta avvenendo. Imporre un nuovo testo, ben 47 articoli modificati, a maggioranza e con le forzature di cui siamo stati spettatori significa rimettere in ogni caso tutto in discussione al prossimo cambio di governo... Il Paese chiede di essere guidato in una fase difficile, di crisi economica ed internazionale non di essere ulteriormente lacerato.
*deputato Sinistra Italiana
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"Referendum costituzionale, Renzi non parla mai del merito della riforma"
Verso la consultazione popolare /2
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