Vincenzo Melone era diventato comandante del porto di Genova il 7 maggio 2013. Non appena fece notte, il gigante Jolly Nero spazzò via la torre piloti di Molo Giano. Nove vite cancellate, quattro salve per miracolo. E un porto da risollevare.
Tra poco più di un mese, l’ammiraglio lascerà Genova per assumere il comando generale delle Capitanerie di Porto. Ma il ricordo va sempre a quel primo, difficilissimo giorno sotto la Lanterna. “È stato un evento di dimensioni tali da influenzare tutta la mia azione di comando – dice – con il crollo abbiamo perso tutto. Abbiamo ricevuto un grande aiuto dall’associazione rimorchiatori e poi dall’autorità portuale, che ha dato ai piloti una nuova organizzazione logistica. Già dal giorno dopo eravamo pronti. Ma è soprattutto su un aspetto che il porto ha saputo reagire: il lavoro di squadra. Quel momento difficile ci ha stretti tutti insieme. Non è stato facile recuperare la fiducia dei piloti e di tutto il personale della capitaneria, che ha visto morire i propri compagni. C’è ancora qualcosa da fare”.
Lo spirito di squadra, un concetto su cui Melone torna più volte. E sarà l’eredità più significativa di questi due anni abbondanti passati a Genova: “Questo è il porto più grande d’Italia, dà lavoro a 40 mila persone, accoglie 12 mila navi all’anno. Far parte di una realtà come questa dà una grande soddisfazione. Indubbio che ci siano difficoltà, ma ciò che mi è piaciuto e che si è fatta squadra. Quando si fa squadra qualsiasi problema viene superato facilmente”.
“Il porto è tutto per Genova – afferma Melone – se venisse meno, la città non avrebbe più un settore economico importante”. Ma lo spirito di squadra non potrebbe tradursi in chiusura verso l’esterno? “Non credo. Anzi, penso alla sensibilità da parte del nordovest italiano, l’apertura della Svizzera e del Marocco. Certo, ci troviamo in un momento di trasformazione. La riforma portuale è una novità importante, segnerà un modo diverso di investire, riportando al centro la strategia portuale. Non più finanziamenti a pioggia, ma mirati per le realtà cruciali”.
A lasciargli il posto, nel 2013, fu Felicio Angrisano, che andò a occupare proprio quel posto nazionale che ora tocca a Melone. Fece appena in tempo a piangere (letteralmente) i morti della torre piloti per poi volare a Roma. Ora si godrà la pensione. Come dire: chi passa da Genova ha le carte in regola per andare al vertice. “Per governare questo porto servono buon senso, semplicità nei rapporti e grande capacità di ascolto. Caratteristiche possedute dal comandante Pettorino, che mi sostituirà qui a Genova. Una persona molto preparata, portata a fare squadra. È importante, perché il comandante del porto è il punto di riferimento per tutti, soprattutto quando ci sono incomprensioni. Ci sarà continuità, come c’è stata tra me e Angrisano”.
Melone si troverà ora a gestire l’emergenza migranti. “L'impegno del nostro personale si vede quasi quotidianamente – dice – questo esodo biblico è diventato un’emergenza ordinaria. La Centrale Operativa gestisce a volte anche 20 emergenze al giorno. Lavoriamo senza orario. Non ci siamo solo noi, è tutto il sistema Italia che sta intervenendo. Per fortuna mi sembra che anche l’Europa sia diventata consapevole. Ma non basta più l’Europa, ci vuole un intervento mondiale".
E ai nuovi colleghi, come descriverà il porto di Genova in una frase? “È una cosa meravigliosa”.
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L'ammiraglio Melone vola al comando nazionale: "Il porto di Genova? È una cosa meravigliosa"
L'addio di Vincenzo Melone: "Abbiamo superato tutto con lo spirito di squadra"
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