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Cronaca

Ieri ultimo giorno di lavori del 2025, si riprende il 12 gennaio. Dal 30 aprile parleranno i legali dell'ex Ad di Aspi. Sentenza rischia di slittare a dopo l'estate. Da giugno possibile lo smontellamento della tensostruttura e trasferimento nell'aula bunker
4 minuti e 6 secondi di lettura
di Michele Varì

La sentenza di primo grado del processo per la tragedia del crollo del Ponte Morandi potrebbe slittare a fine dell'anno prossimo e non essere emessa, come ventilato e come si auspicava sino a oggi, entro il 14 agosto 2026, ossia prima dell'ottavo anniversario del disastro.


Troppo costosa, a rischio la tensostruttura del processo

L'ipotesi dell'allungamento dei tempi è plausibile dalla calendarizzazione delle udienze del prossimo anno che ipotizzano lavori sino a ottobre. Fra l'altro da giugno le udienze potrebbero essere trasferite nell'aula magna "bunker" perché la tensostruttura allestita nell'atrio del tribunale dovrebbe essere smantellata forse per l'eccessivo costo del noleggio, ma su questo non ci sono conferme ufficiali. La decisione finale sul possibile trasferimento sarà presa nei primi mesi del 2026: il tribunale cercherà di continuare ad avere a disposizione la tensostruttura perchè tecnologicamente all'avanguardia e adeguata anche negli spazi a un maxi processo come quello del Morandi, tensostruttura fra l'altro ormai simbolo del desiderio di giustizia per la tragedia che ha sconvolto Genova e costata la vita a 43 persone.

Legali Castellucci parleranno dal 30 marzo al 2 aprile

Nell'ultima udienza del 2025 svoltasi oggi, mercoledì 17 dicembre, è stato anche ratificato che le sedute con le arringhe degli avvocati difensori degli imputati riprenderanno il 12 gennaio e si concluderanno come previsto con le difese dei due avvocati dell'imputato principale per cui è stata chiesta la pena più pesante, l'ex amministratore delegato Giovanni Castellucci, che rischia 18 anni e sei mesi. I suoi legali, Alleva e Accinni, salvo cambiamenti in corso d'opera, parleranno il 30 e il 31 marzo e l'1 e il 2 aprile, data in cui si concluderanno le arringhe dei difensori.

Anche avvocati di Berti e Donferri a marzo

Gli altri avvocati dei principali imputati, il numero due e il tre di Aspi, Berti e Donferri Mitelli, invece dovrebbero parlare rispettivamente il 9 marzo e il 24, 25 e 26 marzo, prima di Castellucci.

Il calendario degli interventi delle difese come detto proseguirà alla ripresa delle udienze il 12 gennaio con i legali di Fabriani e Melegari. Il giorno successivo toccherà alle difese ancora di Melegari e di Trimboli e Ruggeri.

L'incognita sui tempi di repliche e controrepliche

Poi ci saranno le repliche dei magistrati dell'accusa Airoldi e Cotugno che dureranno sicuramente più settimane. Quindi le controrepliche dei difensori, che di certo non saranno brevi. Solo allora si potrà traguardare la data della sentenza. Ipotizzare la data ora è un terno a lotto. I giudici Lepri, Polidori e Baldini avranno bisogno di molto tempo per esaminare la montagna di documenti e file per rivedere e valutare una a una le posizioni dei 57 imputati, ex dipendenti di Autostrade per l'Italia, della società di ingegneria Spea e del Ministero delle Infrastrutture. Imputati che dopo la richiesta pene dei pm sono scesi a 56 visto che per il tecnico di Spea Giorgio Melandri la stessa procura ha chiesto l'assoluzione perché l'unico reato addebitatogli di falso è andato in prescrizione.


Impossibile ipotizzare i tempi che necessari ai giudici per decidere

Il collegio giudicante dovrebbe avere bisogno di almeno un mese, forse due, per decidere una delle sentenze più complicate di uno dei processi più complessi della storia giudiziaria del nostro Paese per numero di vittime, parti civili e imputati, oltre che per il fatto che i reati addebitati sono colposi, i più difficile da districare.

La tesi dell'accusa 

In sommi capi l'accusa grazie a una certosina indagine della guardia di finanza del Primo gruppo di Genova addebita agli imputati che dopo avere rifatto la pila 11 e in parte la 10 del viadotto hanno atteso decenni prima di avviare il rifacimento della la pila 9 del ponte (che doveva partire nell'ottobre del 2018, due mesi dopo il crollo), pila poi causa del cedimento perché la gestione di Autostrade per l'Italia guidata Castellucci (in prigione dallo scorsa primavera per la tragedia del pullman precipitato sull'autostrada di Avellino), a detta dei pm Airoli, Cotugno e Terrile (ora in pensione) mirava essenzialmente a risparmiare e i controlli venivano svolti in modo sporadico e superficiale puntando su tecniche diagnostiche, le prove riflettometriche, inattendibili per scrutare dentro una struttura in calcestruzzo, e arrivando a falsificare i report delle poche verifiche adeguate per non effettuare i lavori.

Le difese invece dicono...

La difesa degli imputati sta essenzialmente percorrendo due strade: i tecnici e i dirigenti del livello non apicale - i cui legali hanno parlato nelle ultime settimane - dicono che la sorveglianza del viadotto non spettava a loro ed era appaltata ai vertici di Aspi e di Spea, chi invece sta in cima alle catene decisionali punta su un peccato originale del Morandi, un difetto trovato dopo il crollo in sede di incidente probatorio sulle sommità della pila 9: un buco presente dall'anno della costruzione del ponte, il 1967, ma mai rivelato dai costruttori, nascosto per non screditare l'opera definita la "Gioconda" di Autostrade e inaugurata in pompa magna alla presenza dell'allora presidente della Repubblica Giuseppe Saragat.

A decidere chi fra accusa e difesa ha ragione saranno i tre giudici Lepri, Polidori e Baldini.

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