Bastano otto secondi per far crollare 29 anni di bugie. In una telefonata del 2021, Annalucia Cecere si smonta da sola l’alibi, convinta che nessuno ascoltasse. Parla con l’amico Ermanno Favata, ripercorre la perquisizione del 6 maggio 1996 e scivola: "Ho detto: 'Dormivo a quell’ora'". Poi, accortasi del passo falso, corregge il tiro: "Però stavo per alzarmi… avevo il lavoro da Pendola". La pm Gabriella Dotto non ha dubbi: "È la prova regina. L’alibi è carta straccia". In aula, oggi, la parte civile – rappresentata dall’avvocata Sabrina Franzone per l’anziana madre di Nada Cella – ha ripreso la registrazione. Un colpo di scena che pesa sulla requisitoria.
La perquisizione e la bugia di Cecere
Nella telefonata la Cecere ripercorre quanto accaduto la mattina in cui subì la perquisizione e dice: "Perché da me qualle mattina erano venuti in dieci carabinieri, m'hanno messo sottosopra la casa". Dice che la mattina dell'omicidio dormiva, poi si accorge di quanto detto e aggiusta il tiro: 'Però stavo per alzarmi...perchè avevo il lavoro". La Cecere, anche nel riportare le domande che le rivolsero i carabinieri il giorno della perquisizione, si contraddice, scivola.
Il cortile interno e via Marsala, ancora un passo falso
Quando al telefono ricorda la domanda dei carabinieri "Ma non si era accorta di tutto il dispiego di polizia in via Marsala?", Cecere risponde: "Come potevo vederlo se io abitavo in un cortile interno? E via Marsala da qui non si vede, eh?". Non nega di essere stata a Chiavari e si contraddice ancora. Per l’accusa, era lì. La mendicante e altri testimoni l’hanno vista uscire dallo studio Soracco, sporca di sangue, e salire sul motorino.
Le richieste della parte civile
L’avvocata Sabrina Franzone, che come detto rappresenta l’anziana madre di Nada Cella, ha chiuso la sua arringa lasciando alla Corte – presieduta dal giudice Massimo Cusatti – il compito di fissare il risarcimento. "Non è la richiesta economica il punto – ha spiegato a fine udienza –. Fa parte delle regole del processo. Deciderà la Corte, se riterrà Cecere responsabile e se riterrà Soracco – difeso dall’avvocato Andrea Vernazza – responsabile. Badate: per la famiglia, Soracco non è meno responsabile di Cecere, perché il danno è lo stesso". Nella sua lunga arringa Franzone ha dipinto Annalucia Cecere come una donna "scomposta nelle reazioni, che non tollera contraddizioni" e ha accusato Soracco di aver usato "la manipolazione, una delle sue doti". A quantificare il danno sono stati gli altri civilisti: Laura Razetto (per la sorella Daniela Cella) che ha chiesto 25 mila euro e Giovanni Battista Dellepiane, per lo zio acquisito Saverio Pelle, 80 mila euro da Cecere e non meno di 25 mila da Soracco.