La presunta assassina ha sorpreso Nada all'ingresso dello studio dove era riuscita ad arrivare grazie al portone lasciato aperto dalla lavascale, qui, per gli inquirenti, la segretaria è stata aggredita perché aveva tentato di fermare la donna.
Anna Lucia Cecere, l'imputata accusata del delitto, per gli inquirentii allora avrebbe afferrato un fermacarte dalla scrivania del vicino ufficio di Soracco e l'avrebbe colpita. La vittima, ferita al viso e all'avambraccio con cui ha cercato di proteggersi, ha tentato di trovare rifugio o di chiedere aiuto al telefono nel suo studio: ma lì è stata raggiunta e colpita ancora, massacrata con colpi alla testa con una grossa pinzatrice di ferro.
La nuova possibile ricostruzione del delitto di Chiavari, che smentisce la prima versione per cui la segretaria era stata aggredita nel suo ufficio, è avvenuta stamane davanti ai giudici della corte di assise presieduti da Massimo Cusatti (a latere Luisa Avanzino) nel processo che vede alla sbarra per l'omicidio Cecere e per favoreggiamento il commercialista Marco Soracco.
In aula come di testi dell'accusa i vertici della polizia scientifica di allora, il dirigente Cosimo Cavalera, e il suo vice Daniela Campasso, che hanno ricordato il primo sopralluogo svolto quando la prima notizia parlava "di una ragazza vittima di un incidente con delle tracce di sangue", come ha ricordato Campasso.
La nuova possibile ricostruzione del delitto di Chiavari, che smentisce la prima versione per cui la segretaria era stata aggredita nel suo ufficio, è avvenuta stamane davanti ai giudici della corte di assise presieduti da Massimo Cusatti (a latere Luisa Avanzino) nel processo che vede alla sbarra per l'omicidio Cecere e per favoreggiamento il commercialista Marco Soracco.
In aula come di testi dell'accusa i vertici della polizia scientifica di allora, il dirigente Cosimo Cavalera, e il suo vice Daniela Campasso, che hanno ricordato il primo sopralluogo svolto quando la prima notizia parlava "di una ragazza vittima di un incidente con delle tracce di sangue", come ha ricordato Campasso.
Cavalera ha detto che a provare che l'aggressione è avvenuta all'ingresso dello studio anche sei piccole tracce di sangue dinamiche, ossia non cadute per inerzia durante le operazioni di soccorso e del trasferimento al pronto soccorso della segretaria. Fra le ipotesi quella che Nada avesse aperto la porta dello studio all'assassino/a perchè lo conosceva.
La ricostruzione dei due testi per il pm Dotto avvallerebbe la tesi che ha permesso di riaprire il caso nel 2021 grazie alla criminologa Delfino Pesce che ha scoperto che i carabinieri avevano trovato nella casa di Cecere senza comunicarlo ai poliziotti titolari delle indagini cinque bottoni uguali a quello sporco di sangue sequestrato sul luogo del delitto.
La presunta assassina avrebbe usato come armi un fermacarte di onice e una pinzatrice di ferro e plastica, casualmente unici reperti spariti con un portaombrelli di latta dopo la restituzione a Soracco. Il fermacarte è stato poi rinvenuto pulito nel mobile dello studio di Soracco, e questo potrebbe significare che era stato lavato, forse dalla mamma del commercialista. La sparizione della pinzatrice invece dalla scrivania era stata notata da Paola Mazzini, la praticante dello studio anch'essa interrogata oggi.
La presenza di quegli oggetti sulla scrivania di Soracco è anche certificata da una foto scattata giorni prima nell'ufficio, acquisita dagli inquirenti.
La deposizione dei due ex investigatori ora in pensione ha avvallato anche la tesi che la mamma di Soracco, la novantenne Marisa Bacchioni (imputata stralciata dal processo grazie a una perizia medico legale), avrebbe lavato le tracce di sangue all'ingresso, e forse pulito anche alcune degli oggetti usati, che erano stati rinvenuti puliti e riposti nello studio di Nada. Il portaombrelli ad esempio allora fu trovato in cucina (dove presumibilmente l'assassino si è lavato) e non in ingresso dove presumibilmente era dislocato.
La conferma dell'uso di una pinzatrice come arma oltre alle ferite compatibili su Nada anche dal sequestro di una graffetta di ferro rinvenuta nelle macchie di sangue.
La ricostruzione dei due testi per il pm Dotto avvallerebbe la tesi che ha permesso di riaprire il caso nel 2021 grazie alla criminologa Delfino Pesce che ha scoperto che i carabinieri avevano trovato nella casa di Cecere senza comunicarlo ai poliziotti titolari delle indagini cinque bottoni uguali a quello sporco di sangue sequestrato sul luogo del delitto.
La presunta assassina avrebbe usato come armi un fermacarte di onice e una pinzatrice di ferro e plastica, casualmente unici reperti spariti con un portaombrelli di latta dopo la restituzione a Soracco. Il fermacarte è stato poi rinvenuto pulito nel mobile dello studio di Soracco, e questo potrebbe significare che era stato lavato, forse dalla mamma del commercialista. La sparizione della pinzatrice invece dalla scrivania era stata notata da Paola Mazzini, la praticante dello studio anch'essa interrogata oggi.
La presenza di quegli oggetti sulla scrivania di Soracco è anche certificata da una foto scattata giorni prima nell'ufficio, acquisita dagli inquirenti.
La deposizione dei due ex investigatori ora in pensione ha avvallato anche la tesi che la mamma di Soracco, la novantenne Marisa Bacchioni (imputata stralciata dal processo grazie a una perizia medico legale), avrebbe lavato le tracce di sangue all'ingresso, e forse pulito anche alcune degli oggetti usati, che erano stati rinvenuti puliti e riposti nello studio di Nada. Il portaombrelli ad esempio allora fu trovato in cucina (dove presumibilmente l'assassino si è lavato) e non in ingresso dove presumibilmente era dislocato.
La conferma dell'uso di una pinzatrice come arma oltre alle ferite compatibili su Nada anche dal sequestro di una graffetta di ferro rinvenuta nelle macchie di sangue.
Nada Cella, per gli inquirenti, sarebbe stata uccisa da Cecere perché non transitava le sue telefonate a Soracco: il commercialista glielo aveva ordinato perché la donna lo molestava con continue chiamate per accasarsi e prendere il posto di lavoro di Nada. Così la mattina del 6 maggio del 1996 l'imputata si sarebbe presentata nell'ufficio, da lì la lite con Nada poi culminata nell'omicidio.
Il terzo teste ascoltato in aula oggi, come detto, è stata Paola Mazzini, allora praticante dello studio del commercialista, che ha raccontato che quella mattina seppe dell'aggressione appena arrivata verso le 9.30 davanti al palazzo di via Marsala: la donna ha lavorato tre mesi nello studio e alle domande ha risposto con molti, "non ricordo" tanto che il presidente del collegio l'ha invitata a sforzarsi di più. Mazzini che però aveva detto di avere notato la sparizione della pinzatrice dalla scrivania, particolare importante, in aula ha riferito: "Nada era una ragazza riservata come me, non sapevo se fosse insoddisfatta del lavoro e io non ho mai risposto a telefonate di una donna di nome Cecere. La madre di Soracco mi disse che Nada aveva avuto un malore ed era stata trasportata al pronto soccorso in ambulanza. Non vidi sangue".
Il terzo teste ascoltato in aula oggi, come detto, è stata Paola Mazzini, allora praticante dello studio del commercialista, che ha raccontato che quella mattina seppe dell'aggressione appena arrivata verso le 9.30 davanti al palazzo di via Marsala: la donna ha lavorato tre mesi nello studio e alle domande ha risposto con molti, "non ricordo" tanto che il presidente del collegio l'ha invitata a sforzarsi di più. Mazzini che però aveva detto di avere notato la sparizione della pinzatrice dalla scrivania, particolare importante, in aula ha riferito: "Nada era una ragazza riservata come me, non sapevo se fosse insoddisfatta del lavoro e io non ho mai risposto a telefonate di una donna di nome Cecere. La madre di Soracco mi disse che Nada aveva avuto un malore ed era stata trasportata al pronto soccorso in ambulanza. Non vidi sangue".
Mazzini, che ora lavora per il comune di Chiavari, poi a Primocanale confermerà: "Mai vista Anna Lucia Cecere in ufficio".