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Attualità

Negli anni '60 contribuirono alla realizzazione dell'opera: il racconto commosso durante la nostra diretta "Al servizio del pubblico"
2 minuti e 22 secondi di lettura
di Giorgia Fabiocchi
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Un operaio al lavoro negli anni '60 durante la costruzione della sopraelevata

C'è chi, sessant'anni dopo, non solo ricorda la sopraelevata, ma con emozione e resilienza chiede che non venga abbattuta perché in quegli anni ha collaborato alla sua realizzazione. È la storia di Giulio, operaio genovese, oggi ottantenne, che negli anni '60 fu tra coloro che costruì la Aldo Moro, con dedizione e passione. Giulio, in questa giornata monotematica, che Primocanale ha dedicato alla sopraelevata, ha raccontato telefonicamente, durante la nostra diretta "Al servizio del pubblico", il suo personale ricordo di quei lunghi mesi.

"Perché non dev'essere demolita"

"Sento che vogliono demolire tutto, ma la fatica che abbiamo fatto noi, con turni di 12 ore, una settimana di giorno e una di notte, mi fa stare male - commenta commosso Giulio, tra gli operai che realizzarono la sopraelevata -. Si mangiava tanto di quel cemento, era tosta davvero. Ora tutti vorrebbero buttarla giù ma io dico, oltre all'utilità si dovrebbe pensare anche alla fatica che hanno fatto tutti quelli che l'hanno costruita, si lavorava sempre, giorno e notte, e non si facevano feste. Nessuno ci pensa alla fatica che abbiamo fatto noi?".

Una corsa contro il tempo per recuperare i ritardi

Giulio racconta non solo la fatica spesa in quegli anni, ma anche l'annoso problema del ritardo nella consegna dell'opera. "Di notte devo dire che si lavorava meglio perché c'era meno traffico e si riuscivano a fare 35, 40, 45 viaggi, di giorno con il traffico era più complicato. Noi portavamo il cemento, questo è stato proprio un bel ricordo e mi portate indietro con gli anni" ringrazia Giulio la nostra emittente. Il ricordo più nitido, per Giulio, è legato a quella necessità di lavorare sempre, a causa dei ritardi dovuti alla Darsena, dove a ogni scavo si trovava il mare. "Allora ecco, noi dovevamo pompare l'acqua e allo stesso tempo buttare il cemento, certi pali sono arrivati fino a 43 metri di profondità. Insomma, è stato complesso e in tre anni abbiamo fatto un gran lavoro". Arriva poi l'ultimo appello, ai genovesi e alle istituzioni: "Io ci vado spesso sulla sopraelevata, non è utile, è indispensabile" ha aggiunto l'operaio Giulio.

Nei cassoni per l'impianto elettrico

Dal lavoro di costruzione, negli anni '60, dopo l'ok alla realizzazione dell'opera, alla progettazione dell'impianto elettrico. Così, in questa giornata monotematica dedicata alla sopraelevata, a Primocanale un altro racconto ha fatto breccia tra gli ascoltatori, ed è quello dell'elettricista Solario, oggi ultraottantenne. "Io ho un ricordo indelebile della sopraelevata, l'ho vista costruire e ho lavorato a tutto l'impianto elettrico con i miei colleghi di lavoro - ha aggiunto Solario -. Mi dispiace che vogliano buttarla giù perché io ritengo che vada messa in ordine ma non abbattuta. L'ho vista costruire e ho lavorato all'impianto interno nei cassoni, noi passavamo dentro ai cassoni, un bel lavoro davvero".

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