politica

3 minuti e 19 secondi di lettura
La politica turistica di una regione si fa spendendo due milioni per ospitare quattro tappe del Giro d’Italia o investendo la stessa cifra per rafforzare i collegamenti con il resto d’Italia e del mondo? Non so quanti treni straordinari si possano pagare con quella cifra. Di sicuro abbastanza per alleviare la sofferenza dei turisti – compresi quelli di casa, i quali magari si sono semplicemente spostati da un capo all’altro delle due Riviere - che hanno scelto la Liguria per il week-end pasquale e hanno visto la coda della loro vacanza trasformata in un incubo.

Il Giro è una vetrina principalmente televisiva, che porta nelle case degli italiani e di mezza Europa un pezzo d’Italia baciato dalla fortuna di una bellezza che neppure alcune scelte criminali della politica (la cementificazione su tutte) hanno fin qui fatto sfiorire. Garantirà il pieno negli alberghi, occupati in gran parte dalla stessa carovana dell’evento sportivo, e farà affluire qualche affezionato del genere. Ma questa iniziativa, che in realtà ha tanto il sapore di una “marchetta” elettorale pagata con il denaro della comunità, quale effetto avrà, adesso, sui telespettatori che rivedranno in tv le meraviglie liguri, ma hanno vissuto l’odissea del rientro pasquale? “Bello, bello, ma col cavolo che ci torno se la situazione resta così”: vogliamo scommettere che sarà questo il pensiero di molti?

Il simbolo della disfatta è tutto nella impeccabile intervista che questa mattina su Primocanale il nostro Nur El Gawohary ha realizzato con l’assessore al turismo della Regione Liguria Angelo Berlangieri. Balbettava, l’amministratore regionale, ha tentato una difesa d’ufficio, scaricando le responsabilità su Trenitalia e richiamando i tagli del governo all’ente locale, ha spiegato che per Expo ci saranno treni speciali, salvo ammettere che per ora ne è previsto uno nel fine settimana, salvo ampliamento agli altri giorni della settimana. E’ stata la summa, l’intervista, dell’indecisionismo e soprattutto del dilettantismo con cui si è affrontato il primo, lungo ponte turistico.

Eppure il massiccio afflusso era annunciato, non era difficile capire che sarebbero occorsi servizi straordinari per assicurare un ordinato ed efficiente deflusso dei vacanzieri. Passi per l’autostrada, con code di 40 chilometri sia a ponente sia a levante, che quella è e quella rimane, ma sui treni si può intervenire per tempo. Anzi, bisogna intervenire. E pubblicizzare i convogli straordinari, anche proprio per decongestionare il più possibile le autostrade. Invece niente. Niente di niente.

Per responsabilità di questi mirabili amministratori regionali, la Liguria vive così un paradosso: tenta di far arrivare quanta più gente possibile, poi non riesce a farla tornare indietro. E questo rischia di pesare sul futuro del turismo come e più di altre inefficienze, perché un finale di soggiorno che diventa odissea spinge a non tornare al di là della qualità – intesa in senso lato - del soggiorno.

Non è la prima volta che accade. E questo dimostra che le potenzialità turistiche della Liguria restano tali nonostante questo ente Regione, nonostante tutto e tutti. Ma proprio il puntuale ripetersi di certe situazioni negative deve spingere a una riflessione definitiva: la pazienza del popolo dei villeggianti non è illimitata. I primi timidi segnali di uscita dalla crisi stanno riportando gli italiani fuori dalle mura domestiche.

C’è voglia di leggerezza, di svago, di rubare subito qualche giornata alle vicissitudini quotidiane. Quello che è avvenuto non è la risposta migliore. Alle porte – tralasciando il 25 aprile – c’è il ponte del Primo Maggio. La Liguria vuole ripetersi o correrà subito ai ripari? In vista dell’estate, serve un segnale immediato. Chiaro e forte. Sempre che gli amministratori, regionali e comunali, siano capaci di un sussulto d’orgoglio. E sappiano occuparsi di questioni vere, non solo delle elezioni alle porte.