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intervista al sindaco su emergenza rifiuti e debiti dell'azienda spezzina
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Massimo Federici sindaco e presidente della Provincia della Spezia, intervistato da Primocanale parla dell’emergenza rifiuti in Liguria, ripercorre le vicende legate a quello che lui stesso ha definito il “Disastro Acam”, ammette che la politica spezzina è la principale responsabile degli errori commessi, ma sostiene che - da quando è diventato sindaco - l’unica soluzione per evitare il tracollo, sarebbe stata quella di licenziare 300 persone. Federici spiega, dal suo punto di vista, anche quanto è successo negli ultimi giorni con l’accordo tra Acam e Amiu che consente lo smaltimento dei rifiuti genovesi nell’impianto per la produzione di combustibile da rifiuti (CDR) di Saliceti, a Vezzano Ligure, in provincia della Spezia.

Sindaco, con l’accordo Amiu-Acam, i rifiuti genovesi vanno a Saliceti ad un costo inferiore rispetto a quello che pagano i comuni dello spezzino, come si giustifica questa operazione?

Il prezzo più basso è dovuto a più fattori: intanto il conferimento viene fatto con i mezzi di Amiu, la stessa Amiu ha fornito strumentazione che ha abbattuto i costi, inoltre abbiamo considerato che il territorio genovese ha subito molti danni per l’alluvione. Naturalmente dobbiamo considerare anche un fattore: questo è un intervento spot. Se dovesse diventare strutturale ci sarà una parificazione con quanto spendono gli altri comuni.

Auspicate che l’utilizzo di Saliceti per i rifiuti genovesi diventi più stabile?

E’ la norma che lo prevede: i territori devono fare sistema. Finalmente questo può accadere, se tutti quanti pensano meschinamente di potercela fare da soli, saremmo costretti a fare ricorso solo ed esclusivamente a chi ha impianti fuori regione. Noi dobbiamo creare un sistema regionale che sia autonomo.

Questa vicenda mette in evidenza una contraddizione: portare rifiuti a Saliceti costa di più che portarli in altre regioni.


La cosa che costa di meno è la discarica, la cosa che costa un po’ di più è il forno inceneritore. Saliceti è invece un impianto di trattamento di rifiuti, non di smaltimento. E’ un meccanismo laborioso. Ma ha una caratteristica imporatante: si può fare il pretrattamento. L’impianto può essere utile ad altri territori. Ma è molto piccolo: potrebbe per esempio essere utile per alcuni comuni come quelli del Tigullio, se loro vorranno. Alla fine è l’unico impianto di trattamento dei rifiuti in Liguria.

Visti i costi di smaltimento, è stato un errore costruire un impianto come quello di Saliceti?

In passato sono state fatte scelte disastrose. La scelta di Saliceti è parzialmente sensata. Non mi è mai passata dalla testa l’illazione che venne fuori in quel periodo. Quando si è fatto quell’impianto si pensava di utilizzare la centrale Enel per bruciare il CDR prodotto lì. Ma questa ipotesi è ormai scartata.

Ivan Strozzi, attuale direttore generale di Amiu (ed ex Amministratore di Acam ndr) dice “Non è pensabile utilizzare Saliceti per lo smaltimento dei rifiuti della Liguria”.


Noi stiamo facendo risultati importanti con la differenziata. Questo permette di liberare una parte dell’utilizzo di Saliceti, ma è un impianto modesto. Non può servire tutto il territorio regionale. Può essere utile per una parte dei comuni della Provincia di Genova. Poi magari potremmo utilizzare altri impianti che saranno costruiti altrove.

La Spezia come pensa di chiudere il ciclo dei rifiuti, visto che oggi porta il CDR in impianti fuori regione e anche il residuo in discariche all’esterno della Liguria?

Il problema è proprio questo: con la differenziata “porta a porta” arriveremo al 50%. Per il resto il CDR deve trovare la sua destinazione nel mercato. La parte residua ha bisogno di una discarica di servizio che potremmo trovare in ambito regionale, nell’ottica di quella collaborazione che deve nascere, altrimenti dovremo individuare nella nostra provincia un sito.

Di queste cose però ne parlate da anni. Ma per la discarica non avete ancora trovato una soluzione
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E’ questo il punto. Quando scattano gli egoismi, anche sollecitati dai mass media, qualche prezzo va pagato. E’ chiaro che è un tema che deve essere risolto. Se non si risolve nel singolo territorio, può essere risolto facendo sistema in un concetto di area vasta, magari nell’ambito delle future macro regioni.

Il risanamento di Acam. A che punto siete?


Siamo a un punto fondamentale: se riusciamo a portare a casa il project per Acam Ambiente siamo al 90% dell’operazione. Ci arriviamo con molta fatica. Abbiamo ereditato un disastro di proporzioni indescrivibili.

Il disastro però è proseguito fino al 2010-2011, con debiti che sono cresciuti anche quando lei era già sindaco, fino a 500 milioni di euro
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Ho sentito dichiarazioni di questo tipo. Da un punto di vista tecnico sono dichiarazioni quasi di tipo diffamatorio.

Parlano i bilanci: debiti fino al 2007 (quando Federici è diventato sindaco ndr) a 250 milioni di euro, debiti al 2011 a oltre 500 milioni.

La questione è questa: i bilanci ereditati dalla precedente gestione erano migliorati con la vendita del 50% di Acam Gas, e di quote di Acam Clienti. Chiaro che poi non avendo fatto nulla dal punto di vista strutturale, quella risorsa è stata immediatamente rimangiata dalla voragine del debito che era stato creato nel decennio a cavallo degli anni 2000. Quel dato era sostanzialmente falsato dall’operazione della vendita del gas. Se vediamo i dati reali, la posizione finanziaria, vediamo che ci sono significativi miglioramenti anche durante l’epoca Strozzi (2008-2012 ndr), a cui abbiamo posto dei paletti molto fermi: quelli che dicono non c’è stato l’efficientamento sono ipocriti. L’efficientamento unico e possibile era il licenziamento di 300 persone.

C’erano anche superminimi, straordinari e altri meccanismi che non funzionavano e che non sono stati corretti fino all’arrivo di Gaudenzio Garavini al posto di Strozzi.

L’efficientamento c’è stato e ci è costato polemiche, manifestazioni e scontri con i sindacati. Ma la vera operazione sarebbe stata la fuoriuscita dei cosiddetti esuberi: 300 persone. Ma noi abbiamo detto: non vogliamo perdere posti di lavoro.

Altre questioni legate all’efficientamento non le avete toccate e ci ha pensato Garavini. Tant’è che Strozzi lo avete sostituito.


Strozzi se n’è andato dopo tre anni. Ha fatto lui la scelta, sostanzialmente per un motivo: la sua missione era fare l’aggregazione con Hera, la multiutility bolognese. E l’aggregazione non si è potuta fare.

E quella non si è fatta anche per responsabilità vostra, della politica che non ha trovato una discarica come chiedeva Hera.


Noi eravamo in ritardo su quello. Ma il problema è stato determinato dal referendum che ha impedito di fare l’aggregazione come le avevamo impostate.

Ma il tempo ci sarebbe stato, prima del referendum. Quello è arrivato molto tempo dopo. Il tempo per fare l’aggregazione c’era.


Sì, il tempo c’era. La discarica era importante. Ma Hera chiedeva di mettere a posto i conti. Ed eravamo ancora distanti per il motivo che dico io: i licenziamenti di massa non li abbiamo voluti, e questo ha impedito oggettivamente di raggiungere in tempo i dati richiesti e fare l’operazione di aggregazione in tempo.

Intanto con la nuova gestione è stato necessario mettere in vendita la parte restante del gas. E ora completare il risanamento e garantire il fatturato sarà complicato?

No. Oggi i conti sono messi bene. La vendita del gas è stata dolorosa. A Strozzi avevamo chiesto di non farlo. Poi siamo stati costretti. L’aggregazione si doveva fare nel 2003, invece si è venduta la prima parte del gas, per nascondere la situazione dei conti. Lì non c’è stata la forza il coraggio di fare un’operazione che avrebbe permesso di far parte di una azienda più grande, magari di contare di meno, ma avere magari anche degli utili per i comuni.

Ma secondo lei la politica spezzina, il partito che ha governato la maggior parte degli enti di territorio, si devono prendere la responsabilità di questa gravissima situazione?

Non l’ho mai nascosto. Ho sempre detto che quell’eredità pesante che abbiamo cercato faticosamente di sanare, cercando anche di non farla pagare ai cittadini e ai lavoratori, è il risultato di una gestione manageriale disastrosa, ma quella gestione è stata nell’alveo di un avallo politico. Anche se la politica ha delegato questa è stata una colpa molto grave. Anche se avesse solo delegato è così, ma ha anche appesantito anche le scelte di quel management. Quando abbiamo deciso di aprire l’armadio Acam, ho sempre fatto questo ragionamento. Non ho mai negato queste cose, ho sempre detto quali elementi hanno portato Acam a quella situazione, a partire dal fatto che veniva utilizzata per motivi nobili di ammortizzazione sociale, e meno nobili di tipo clientelare, poi il fatto che si sia entrati nella dinamica folle della grande Acam, il fatto che c’erano 13 società con 11 persone nei consigli di amministrazione. Una cosa scandalosa che non può essere addebitata solo al management.

Il management intanto è cambiato, la classe politica spezzina non è cambiata molto.

In acam i nomi sono cambiati tutti. non c’è più nessuno di quelli che c’erano allora.

Negli enti e nella politica, il Pd è rappresentato da molti di quelli che allora c’erano, con altri ruoli.

Questo è vero, però rispetto ad allora, il cambiamento della classe dirigente c’è stato, ma non tutti sono scomparsi dalla scena. La vicenda Acam però va oltre: dal punto di vista delle responsabilità, le principale è quella della politica. Però si è andati anche oltre. E ha coinvolto tutti. Questa è una chiave di lettura che dovremmo approfondire per evitare ancora errori di quel tipo. Ora sono contento per come stanno andando alcune aziende pubbliche, certi errori non li ripetiamo.