porti e logistica

Il dibattito sul rapporto tra porto e investimenti stranieri: l'opinione di Davide Maresca
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Via della Seta, rischio o oppurtunità: preferire gli investimenti cinesi a quelli americani, con tutto quello che ne consegue in termini di leggi e rapporti umani e politici, è una scelta di campo che migliorerà la nostra economia? Oppure no?

L'analisi dell'editore di Primocanale Maurizio Rossi (LEGGI QUI),  membro della Commissione Infrastrutture Senato XVII Legislatura, ha aperto il dibattito al quale sono invitati a partecipare esperti, imprenditori, politici.

Di seguito l'opinione del Prof. Avv. Davide Maresca,  managing partner dello studio legale Maresca&Partners a Bruxelles e Genova, dove ha maturato specifica esperienza in materia di aiuti di stato, concorrenza e regolazione delle infrastrutture di trasporto.

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Via della Seta: "Il rischio di essere terra di conquista è concreto, ecco come evitarlo"
di Davide Maresca

Il porto di Genova è un paradigma
della tensione tra la prospettiva di alleanza con le imprese di Stato cinesi e la storica alleanza commerciale con il mondo anglosassone (USA, attraverso i fondi d’investimento inglesi).
Se da un lato l’Autorità di sistema portuale ha sottoscritto un protocollo d’intesa con l’impresa di Stato cinese nel ramo delle costruzioni (CCC), dando un chiaro segnale di preferenza verso l’Oriente, i singoli operatori si dividono tra coloro che hanno favorito l’ingresso di fondi europei (soprattutto inglesi) e hanno fatto alleanze con imprese americane (tipo Amazon) e quelli che invece hanno preferito allearsi con la compagnia marittima di Stato cinese Cosco (in termini più o meno strutturali).

La tensione tra i due “mondi” finanziari e le prospettive di sviluppo della via della seta sembrano portare inevitabilmente ad una scelta di campo al fine di evitare di diventare (o rimanere) un porto marginale nell’ambito dei traffici cargo mondiali.

È allora conveniente per il porto di Genova e Savona allearsi con le imprese di Stato cinesi per attuare la via della seta o è meglio puntare sul l’ingresso dei fondi d’investimento europei, di stampo anglosassone, ed una conseguente alleanza con le imprese statunitensi?

Uno dei criteri di scelta (ovviamente non l’unico) è la protezione che imprese e utenti italiani avrebbero dall’eventuale nuovo rapporto finanziariamente squilibrato a favore dei fondi (che siano europei/USA o cinesi).

Gli investimenti stranieri in materia di infrastrutture sono disciplinati da due principali apparati di regole, spesso in tensione tra loro: 1) la tutela del mercato e della concorrenza nel quadto del 2) rispetto dei diritti fondamenali.

A) Sotto il primo profilo, con una semplificazione estrema di carattere divulgativo, emergono due vincoli essenziali dagli artt. 101 - 107 TFUE, WTO oltre alle regole nazionali artt. 41 -43 Cost. e legge n. 287/1990:
1. per evitare che gli investimenti abbiano mire imperialistiche (diverse dall'esercitare un'attività economica sana) a danno di chi vuole "fare impresa" in modo corretto, il rendimento dell'investimento non può essere inferiore a quello di mercato e l’impresa che investe su un’infrastruttura pubblica deve essere scelta con una gara che garantisca non discriminazione e parità di trattamento.
Da questo punto di vista la Cina, pur nel quadro del WTO, con riferimento al controllo del rendimento, non ha l'obbligo di rispettare regole direttamente attivabili davanti ai giudici e i nostri imprenditori (e utenti dei servizi) sarebbero, quindi, sprovvisti di tutela. Per contro l’obbligo di applicare le norme sulla gara incombe sulle amministrazioni italiane e, di conseguenza, vi è sicuramente possibilità di tutela sotto questo profilo.
2. Sono, inoltre, vietate le intese e gli abusi anticoncorrenziali che abbiano ad oggetto ad esempio l'allineamento dei prezzi o l'utilizzo fraudolento di dati sensibili.
Da questo punto di vista preoccupano sia gli USA (per la presenza di colossi come Facebook o Google o Amazon) che la Cina ma va detto che, sin dalla nota sentenza Lotus, il principio di extraterritorialità delle norme in materia di concorrenza ha consentito alle nostre autorità (commissione UE e AGCM in primis) di sanzionare direttamente anche le imprese USA: per cui esiste uno strumento a tutela di imprese e utenti italiani verso le imprese UE, forse estendibile anche ad imprese cinesi (con non poche difficoltà).

B) Sotto il secondo profilo, in Italia i diritti fondamentali (vita, religione, espressione, giustizia, ecc...) sono garantiti dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU).
SI può dire che gli Stati Uniti siano dotati un quadro normativo (Dichiarazione d’Indipendenza, Costituzione e Carta dei diritti) ed una scala di valori che, per quanto riguarda i rapporti con i paesi occidentali, non hanno posto grandi problemi; va poi segnalato che, in ogni caso, attraverso l'applicazione extraterritoriale delle norme in materia di concorrenza e accesso al mercato si possono far valere in via giudiziale i diritti fondamentali in quanto incluso nei concetti di ordine pubblico o esigenze imperative di carattere generale che consentono la cui garanzia di uniformità consente di competere lealmente nel mercato europeo.
Tutto ciò è, come anticipato, molto più complesso nei confronti delle imprese cinesi: in Cina, aldilà dell’adesione formale alla Convenzione ONU e delle dichiarazioni di principio in Costituzione, la tutela dei diritti fondamentali è assai lieve anche se il rischio di una eventuale “esportazione” del basso livelli di tutela è minimo in quanto le opere fisiche sarebbero eseguite in Italia: tuttavia occorrerebbe avere garanzie sul rispetto degli standard minimi con riferimento anche alla produzione e al trasporto delle merci provenienti dalla Cina per evitare una concorrenza al ribasso (oggi molto presente) tra sistema cinese e

In conclusione, si auspica che, prima di autorizzare eventuali investimenti cinesi da parte di società di Stato (tipo CCC), sia necessario estendere subito l'ambito dei protocolli d'intesa alle regole sui rendimenti degli investimenti pubblici, sulla tutela della concorrenza e sui diritti fondamentali includendo specifiche norme attribuendo la competenza ad un giudice ordinario.
In assenza di regole chiare il rischio di diventare mera terra (povera) di transito e conquista è sicuramente fondato.