politica

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Nella crisi di governo che si è appena aperta c'è un capitolo che viene tenuto troppo ai margini, o descritto in forma gossippara, e che invece è probabilmente il fulcro di tutto: la prossima manovra economica. In generale, e con superficialità, si dice e si legge che Matteo Salvini abbia deciso di staccare la spina all'esecutivo proprio perché vuole fuggire dall'obbligo di stilare un documento finanziario che inevitabilmente sarà lacrime e sangue.


In realtà le cose non stanno così. Nei giorni che hanno preceduto la crisi, infatti, si è lavorato a due manovre che sono antitetiche. Una al Viminale, ufficio del leader leghista, secondo la quale bisogna andare ad una serie di iniziative economico-finanziarie da realizzare in deficit, cominciando dalla sterilizzazione dell'aumento dell'Iva e dalla detassazione chiamata flat tax. L'altra manovra, invece, è stata concepita a Palazzo Chigi, porta la firma del premier Conte, del vicepremier Luigi Di Maio e del ministro dell'Economia Giovanni Tria. Prevede un rapporto deficit-Pil all'1,8 per cento ed è molto rispettosa dei rapporti che l'Italia, secondo il premier e i suoi sostenitori, deve mantenere con l'Unione europea.


Alla fin fine, insomma, è certamente una diversa visione su temi chiave come il Tav o l'autonomia delle Regioni ad aver scatenato l'ennesima lite, ma il solco vero e più profondo è stato provocato dal diverso punto di vista che la Lega e il resto del governo hanno quando si parla di Europa. Il che non è sorprendente, considerando che Salvini non ha fatto votare la nuova presidente della Commissione europea, Ursula van der Leyen, e dunque sta all'opposizione, mentre Conte e il Movimento 5 Stelle hanno dato il loro sostegno alla "premier" di Bruxelles.


In questo scenario, complicato ma sufficientemente chiaro, si incastona una crisi di governo che Salvini ha deciso di aprire cercando di monetizzare subito il consenso del quale lo accreditano un po' tutti i sondaggi. Alcuni dei quali lo spingono addirittura al 38 per cento. Nonostante ciò, è un azzardo, che con buone motivazioni il Movimento 5 Stelle bolla come una mossa "egoista, fatta sulla pelle del Paese".


Il rischio, infatti, che i tempi della crisi si allunghino e portino all'esercizio provvisorio di bilancio è concreto e in tale eventualità lo scotto lo pagherebbero i cittadini. Ed è molto rischioso, rischiosissimo, immaginare una manovra tutta in deficit, con l'Italia sola contro tutti e in particolare sola contro i mercati. Un primo assaggio lo abbiamo avuto all'indomani dell'apertura della crisi, con la Borsa di Milano calata più di tutte le altre e soprattutto con lo spread subito schizzato verso l'alto. Salvini avrà mille difetti, ma non è stupido. Proprio per questo motivo, e al netto delle manovre in corso, con il Pd diviso sull'apertura ai grillini, una domanda dovrebbe ancora porsela: in questo momento, la crisi è davvero la soluzione migliore per l'Italia? L'Italia, non la Lega.