salute e medicina

Il coordinatore del dipartimento regionale per l'emergenza
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"Ero a Nervi, a casa. Ho ricevuto una chiamata dalla Direzione sanitaria che mi informava della tragedia. Pioveva, pioveva tanto quel mattino. Immediatamente ho preso la macchina e sono corso all'ospedale San Martino. Arrivo al Pronto soccorso: l'atmosfera è 'sospesa', per descrivere quell'attimo che precede la tempesta di accessi al reparto che sta arrivando". Cosi Angelo Gratarola coordinatore regionale del dipartimento dell'emergenza ricorda a Primocanale il crollo di Ponte Morandi un anno fa.


"In collegamento con il 118 sul posto del crollo avevamo esattamente le dimensioni della tragedia e abbiamo innescato il Peimaf, il Piano di emergenza intraospedaliero per il massiccio afflusso di feriti. E' quello che ha fatto muovere l'ospedale in tutta la sua dimensione. Si è vista la solidarietà, l'essere vicini alla città, all'ospedale stesso. Dipendenti da casa o in ferie che telefonavano per mettersi a nostra disposizione. Di fatto il Peimaf è un piano incrementale, si sviluppa a seconda della gravità, che coinvolge gli operatori, medici ed infermieri. Per esempio il turno degli infermieri 'smontanti' non smonta e viene chiamato in anticipo il turno 'montante'. Si coinvolgo progressivamente altre figure mediche, tecniche: la Farmacia, il Centro trasfusionale e i laboratori. La macchina prende forma e progressivamente si ingrandisce e si incrementa. Nel giro di un paio d'ore avevamo a disposizione 13 sale operatorie, non contenitori vuoti, ma 13 sale con il personale all'interno, chirurghi, anestesisti, infermieri, tecnici. Abbiamo liberato, dove possibile, posti in Terapia intensiva. Abbiamo avuto appoggio anche da La Spezia, Sanremo e Imperia. Diciamo che eravamo attrezzati per fare molto di più di quello che abbiamo fatto. Sembra un paradosso. Si sperava ci fossero molti feriti e meno morti. Non è stato così, purtroppo".