politica

I ruggiti
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In principio fu il Triangolo Industriale, quando Genova intratteneva solidi legami con Milano (e Torino) grazie a quel manifatturiero su cui si è costruito una parte grande del cosiddetto miracolo economico italiano Anni Sessanta. Poi le cose si sono involute, il Triangolo ha via via perso la propria spinta propulsiva e il de profundis è stato celebrato con la dismissione delle Partecipazioni Statali, una galassia di aziende che a Genova o sono state chiuse o ridotte al lumicino, a volte anche semplicemente trasferendo la loro sede e i centri direzionali. Un danno enorme, i cui devastanti effetti sono sotto gli occhi di tutti e che giusto in questi giorni sta vivendo il suo ultimo capitolo, con la trasformazione in divisioni interne al gruppo delle società di Finmeccanica sopravvissute alle dismissioni (Ansaldo Energia prima e Ansaldo Sts dopo).

Questa inesorabile trasformazione, tuttavia, non ha fatto venire meno la logica di un legame stretto e strategico fra Genova-Liguria e Milano-Lombardia. Su quell'asse c'è un'altra industria che continua a sopravvivere e, talvolta, come la scorsa estate, a prosperare: quella del turismo. In più resta fermo il caposaldo che è quasi diventato un luogo comune, ma affonda le radici nella realtà: Genova e la Liguria sono il naturale sbocco al mare di Milano e della Lombardia e questo si tradurrebbe nell'ormai antico sogno di fare della Superba e delle due Riviere un sobborgo lombardo, con inevitabile valorizzazione di tutto il patrimonio territoriale e immobiliare del quale in primis i milanesi sarebbero pronti a godere, approfittando delle straordinarie condizioni climatiche liguri, portando un enorme beneficio tra Ventimiglia e Sarzana.

Forse per l'esperienza sedimentata dal Triangolo Industriale, la capacità di parlarsi fra Genova e Milano non è mai venuta meno. La dimostrazione più recente viene dagli accordi intercorsi fra la nuova amministrazione regionale guidata da Giovanni Toti e quella guidata da Roberto Maroni. Il tema centrale è la sanità, ma il dialogo potenzialmente può andare ben oltre e travalica anche la semplicistica osservazione che il filo diretto deriva dall'attuale omogeneità politica delle due Regioni. Difatti non sembra un caso che Toti voglia intavolare dei discorsi anche con il Piemonte, il cui colore è opposto, essendo quell'ente a trazione centrosinistra. E ancora non si può dimenticare che il vicesindaco di Milano, con delega al Bilancio, sia la genovese Francesca Balzani: si dimostra che la reciprocità di rapporti fra le due città tocca anche la sfera del personale politico, oltre a quello, consolidato, delle professioni.

Su tutto, però, grava la zavorra del problema dei problemi, cioè l'isolamento geografico di Genova e della Liguria. Qualcosa si sta muovendo con il Terzo Valico, la direttissima ferroviaria Genova-Milano, il cui cantiere ha faticosamente aperto i battenti e altrettanto faticosamente sta procedendo. Che cosa ciò possa significare lo testimonia la fresca vicenda dell'Expo, che avrebbe potuto portare molti più affari in Liguria se solo i collegamenti ordinari fossero stati diversi da quelli oggi consentiti. Ma il Terzo Valico da solo non può bastare e qui si incastona, tanto per dire, il pasticcio brutto del raddoppio ferroviario del ponente ligure, destinato a finire sul binario morto nella tratta Andora-Finale (meglio, nei due segmenti Andora-Albenga e Loano-Finale).

Il governo non lo ritiene strategico (il ministro Graziano Delrio dixit), comunque non al punto di inserirlo nella lista delle opere da finanziare subito. Quanto ricordato dovrebbe già bastare a dimostrare come le cose stiano esattamente al contrario, nell'interesse del Paese tutto, visto che riguarda l'area in cui si crea la maggior parte del Pil nazionale. A supporto si può tuttavia ricordare che la linea è anche un primario collegamento internazionale con la Francia e la Spagna e che, a Terzo Valico ultimato, sarà uno snodo cruciale anche verso il nord Europa.

Ma non basta. Senza dimenticare che cosa i collegamenti significhino per la crescita del sistema portuale ligure, c'è un altro punto che potrebbe apparire marginale o figlio solo dei desiderata genovesi e che, invece, va direttamente a investire anche l'asse con Milano. Immaginando che prendano stabilmente casa in Liguria, un collegamento più rapido con Roma è indispensabile per soddisfare le esigenze professionali dei lombardi che facessero quella scelta e allora avere dei treni che conducano nella capitale via Firenze diventa essenziale per recuperare tempo. Come si vede, tutto si tiene e diventa davvero facile smascherare la miopia di scelte governative che non favoriscono i veri interessi del Paese, ma piuttosto rispondono a una logica di clientelare lottizzazione delle cosiddette grandi opere prioritarie.

Non sembra che la pantomima degli incontri fra Regione Liguria e Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture possa condurre nel breve a soluzioni concrete, ma forse se sul tavolo di questo negoziato politico irrompesse con tutta la sua forza la Lombardia (la Regione, ma anche il Comune, Confindustria, la potente Camera di Commercio e via elencando), e magari anche il Piemonte, che ha in ballo i suoi bravi interessi, forse il ministro Delrio e prim'ancora il premier Matteo Renzi potrebbero convincersi che la Liguria è qualcosa di importante sullo scacchiere della ripresa. Sarà troppo piccola per pesare in termini elettorali, che si voti nel 2018 o in anticipo, ma è strategica nel disegno economico complessivo. Anche se un governo che si rispetti avrebbe dovuto capirlo da solo ed essersi già mosso di conseguenza.