sport

Il mister poteva essere nell'altra panchina, ora vuole 3 punti pesanti
2 minuti e 56 secondi di lettura
Al 23 dicembre non ci sono, né possono esserci, partite decisive: con 69 punti ancora in palio, più i 3 di domani sera, Spezia, Genoa e tutte le altre pericolanti della serie A hanno ancora un sacco di tempo per sistemare (o complicare) la loro corsa salvezza.

Però è innegabile, un po’ per storia, un po’ per contingenza, che Spezia e Genoa nell’ultima partita del 2020 si giochino tanto: i rossoblu, fin qui disastrosi, hanno un disperato bisogno di punti per non restare drammaticamente staccati dal treno salvezza, hanno un nuovo allenatore da giudicare e una supremazia regionale da confermare; lo Spezia, invece, sa bene che con i complimenti e le pacche sulle spalle non si resta in serie A e che dagli scontri diretti potrebbe arrivare il pass per un secondo giro tra i grandi del calcio. E poi c’è una piazza da esaltare, nella partita che più di ogni altra ha un significato che supera il rettangolo verde per sconfinare nell’orgoglio, nella politica, quasi nella religione.

La formazione di Vincenzo Italiano, l’uomo che avrebbe potuto rappresentare il nuovo corso genoano, arriva alla super sfida con buone sensazioni: contro l’Inter, domenica scorsa, l’allenatore ha praticato un ampio turnover, proprio per non disperdere energie fisiche e mentali di coloro che lui giudica i migliori. A Milano, nonostante la scelta conservativa, la squadra ha comunque giocato bene ed è rientrata in Liguria con la tipica sconfitta onorevole, senza sbracare.

Lo stesso spirito, possibilmente con qualche sbavatura difensiva in meno, è atteso sotto i nuovi fari del Picco: il Genoa è una squadra che deve essere giudicata alla portata, lo dicono classifica e la storia personale di buona parte dei componenti della rosa. In campo non vedremo né Lukaku, né Ronaldo, e nessuno di quei giocatori di medio livello che impreziosiscono le rose di altre squadre inguaiate, come Fiorentina o Torino. Lo Spezia non deve dunque avere timori e dimostrare nei novanta minuti di avere la stoffa per credere nell’impresa.

Le scelte di Italiano sembrano fatte: la difesa schierata a Milano dovrebbe sedersi tutta al suo fianco in panchina, per portare in linea, davanti a Provedel, Ferrer, Chabot, Erlic e Marchizza. Unico dubbio, qui, la possibile conferma di Bastoni: il fatto che lo spezzino abbia giocato titolare due partite in tre giorni lascia pensare che alla terza possa rifiatare. I tre di centrocampo dovrebbero essere Ricci in mezzo, Estevez e Pobega mezze ali. In attacco, attorno a NZola, dovrebbero vincere i ballottaggi Diego Farias ed Emmanuel Gyasi.

Ciò che mancherà, maledettamente, è l’apporto del pubblico: il calcio senza tifosi è brutto sempre ma in sfide come questa lo è anche di più. Attorno allo stadio ci sarà un rigido cordone di sicurezza che impedirà ogni tentativo di avvicinarsi alla struttura per incitare la squadra dall’esterno. L’unica soluzione, assieme alla vecchia e romantica radiolina, restano divano e tv: ma non sarà certo la dimensione ‘fantozziana’ a sminuire l’importanza di uno scontro che affonda le sua radici nella storia (primo confronto 99 anni fa), nella cronaca (nel 1922 il Picco fu squalificato per un anno dopo scontri tra tifosi) e nella leggenda: quella di Max Guidetti e d’un pugno di ragazzi senza pedigree che nel 2006 trasformarono un sogno in una magnifica realtà. Domani un nuovo atto di questa saga, per la prima volta in serie A.