Politica

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Forse avrei preferito che Marta Vincenzi, subito dopo gli arresti dei suoi stretti collaboratori, in preda a una vampata del suo caratteraccio avesse sbattuto la porta di Palazzo Tursi. Dimissioni subito, senza pensarci due volte, d’impeto come alcune cose buone che ha fatto in questo anno nel tentativo di sgretolare l’ammuffito Potere genovese. Una botta a caldo. E poi pensare alla rivincita, magari con una sua lista, una “lista del sindaco” senza dover accettare i compromessi delle maggioranze appiccicaticce. Mi sarebbe piaciuto. Ma la politica è un’altra cosa: non è rabbia, non deve mai farsi condizionare dagli impulsi a caldo. Bisogna riflettere e poi prendere sagge decisioni.

Quindi Marta Vincenzi ha deciso di andare avanti, nonostante tutto. Farà una nuova giunta, ripartirà, proverà a sfidare una città che, oggi, mi sembra molto critica anche nei suoi confronti. Quella città che, unica in Italia, ha dato più voti al neonato Partito democratico in caduta libera alle ultime elezioni amministrative, probabilmente proprio sull’onda del successo che la signora sindaco aveva raccolto un anno fa. Marta Vincenzi è una che sa lottare. Ha lottato contro l’establishment del vecchio Pci, poi Pds, poi Ds che la voleva far fuori perché incontrollabile, fu silurata da D’Alema quando era sicuro il suo posto a Montecitorio, fu spedita lontano, a Bruxelles perché non riscavalcasse le Alpi verso il golfo ligure. Le hanno provate tutte per fermarla. Ma, testarda, lei ce l'ha sempre fatta. Ora si è trovata davanti a una frana politicamente devastante. Avrei preferito un suo “beau geste”, un moto di disgusto.

Rifaccia la giunta, purché sia davvero un cambiamento forte e non un ritocchino penoso. Metta dentro esperti e personalità moralmente inattaccabili che salvino Genova dalle brutte figure, che promuovano il bello di questa città, costruito in questi ultimi dieci anni e bruciato in un mese. Solo così ci potrà essere il riscatto. Sennò la frana riprenderà a muoversi e per Genova ci saranno poche speranze.