I tre presidi ospedalieri restano, quindi il progetto dell'ospedale unico finisce in stand by. Inoltre, ostetricia di Imperia non verrà chiusa, per cui niente concentrazione delle nascite a Sanremo.
Nondimeno, accanto a questi impegni assunti di fronte agli Stati generali della sanità imperiese (Asl 1), l'assessore regionale Sonia Viale, che è pure vice del governatore Giovanni Toti, assicura che la gestione della salute dei liguri "sarà riformata, perché la pianificazione fatta dalla precedente amministrazione è vecchia di dieci anni, un'eternità".
Per deformazione professionale, un giornalista ha sempre difficoltà nell'accettare, e soprattutto a dire, che un politico tenti di fare la cosa giusta. Questo può essere uno di quei rari casi.
Viale, anche contraddicendo alcune sue valutazioni iniziali, si prende la bella responsabilità - facile a parole, complicatissima nei fatti - di rispondere alle attese di un territorio, alzando nel contempo l'asticella della propria impresa. Traducibile così: i servizi restano spalmati così come sono, quindi certamente più accessibili e senza grandi spostamenti per usufruirne, ma dovranno migliorare e, soprattutto, costare meno. O, al massimo, non aumentare di prezzo.
Declinato su base ligure - "faremo un piano regionale, perché le Asl non possono essere repubbliche a se stanti" - l'impegno apre spazi a future razionalizzazioni che potrebbero non piacere alle popolazioni interessate, però rispetto all'amministrazione guidata da Claudio Burlando c'è un cambio di impostazione: la sanità ligure avrà come faro l'essere quanto più vicina alle persone, piuttosto che porsi il risparmio come primo obiettivo.
Va detto, per onestà, che la pianificazione fatta dal centrosinistra non era folle: l'ospedale unico, per stare alla provincia di Imperia, e i servizi garantiti attraverso gli ambulatori dei Palasalute potevano essere egualmente efficaci nel cercare una sintesi accettabile del rapporto qualità-costi. Sebbene le cifre siano lì a dire che il Ponente è la capitale delle 'fughe' per farsi curare altrove (nella stessa Liguria e anche fuori), c'era un limite, diciamo così, psicologico: soprattutto con la chiusura dei tre ospedali (Bordighera, Sanremo e Imperia) i pazienti potevano sentire come 'distante' l'assistenza loro garantita.
Viale rovescia questo rapporto, mette tranquille le persone, ma complica maledettamente la sua vita di amministratore pubblico: perché non ha risorse infinite, anzi ne ha sempre meno, e prova comunque a quadrare il cerchio. Il che diventerà ancor più difficile traslando il "modello Imperia" su scala regionale.
Il risultato non è affatto scontato, ma l'assessore almeno ci prova. L'importante è che non lo faccia solo per catturare immediati e facili consensi. Perché un'operazione di questo genere, soprattutto su un tema sensibile come la salute, ha per definizione il fiato corto. Gli applausi fanno presto a diventare fischi.
salute e medicina
Sanità, il 'modello Imperia' e la sfida della Regione sui conti
Niente accorpamenti: la svolta dell'assessore Viale
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