cronaca

3 minuti e 14 secondi di lettura
Le nozze tra l'italiana Fincantieri e la francese Stx saltano. Un comunicato congiunto dell'Eliseo e di Palazzo Chigi ha reso noto che i governi dei due Paesi, dopo cinque proroghe dei termini e oltre tre anni di tira e molla, hanno deciso di porre fine al negoziato. Stop, finish, the end. Una vergogna!




C'è anche la complicità dell'Europa sul fallimento. In tutto questo tempo, infatti, Bruxelles non è riuscita ad arrivare ad una conclusione degna del dossier per stabilire se e quali conseguenze l'operazione avrebbe avuto sulla competizione interna.


Ora un po' da ogni parte ci vengono a dire che la responsabilità principale è della crisi innescata dalla pandemia, che non ci sono certezze per il settore navalmeccanico e, dunque, è preferibile applicare il motto "ognun per se' e Dio per tutti". La verità, però, sta probabilmente da un'altra parte. Che cosa sia accaduto esattamente forse non lo sapremo mai, ma di sicuro questa storia va guardata dal momento in cui alla presidenza francese è arrivato Emmanuel Macron.


Fino ad allora non sembravano esserci incertezze
sull'intesa che sotto la presidenza di Francoise Hollande aveva portato allo storico accordo per cui Fincantieri avrebbe acquisito i Chantiers de l'Atlantique, come oggi si chiama la vecchia Stx. Si dirà: il covid non c'era. Se per questo, non c'era neppure quando è arrivato Macron e ha cominciato a mettere i bastoni fra le ruote.


La logica era sempre la stessa: la grandeur dei transalpini non era conciliabile con il fatto di cedere all'estero il proprio fiore all'occhiello della navalmeccanica. Figurarsi, poi, se quell'estero era in realtà rappresentato dai "cugini" italiani.


Così è cominciato il vai e vieni delle trattative, al quale l'azienda italiana ha contribuito in tutti i modi in cui ha potuto. Il suo numero uno, Giuseppe Bono, ha fatto avere ogni sorta di documentazione, si è messo totalmente a disposizione, come usa dire in questi casi. Del resto, uno come Bono ne ha viste tante e non poteva certo intimorirsi di fronte alle resistenze francesi.


Solo che di mezzo ci si è messa la politica. E anche un'Europa dentro la quale si è avuta la conferma che l'Italia non conta quanto altri due Paesi fondatori, la Germania e, appunto, la Francia. Mentre a Parigi fanno ogni sorta di ostruzionismo quando un "campione nazionale" dovrebbe finire in mani altrui, soprattutto italiane, e l'Ue offre il proprio compiacente contributo, non si muove foglia se avvengono operazioni di segno opposto.


Così, ad esempio, la transalpina Psa Citroen può acquisire Fca,
cioè l'italianissima Fiat, e tutti a gridare al miracolo per la nascita di Stellantis, quarto gruppo mondiale dell'auto. Solo che al volante ci saranno i francesi, mentre agli italiani Agnelli rimarranno la presidenza di campanello, cioè di pura rappresentanza, e i prevedibilmente ricchi dividendi.



E tralasciamo la storia di Vivendi, gruppo fondato da Napoleone III, che è in lite con Mediaset dopo aver unilateralmente deciso di contravvenire all'intesa per cui avrebbe dovuto acquisire Mediaset Premium. Ma, soprattutto, Vivendi vorrebbe scalare Mediaset e per questa ragione l'Italia sta facendo argine, anche con norme ad hoc. A Parigi sarebbe normale, a Roma sono polemiche a non finire perché Mediaset è dei Berlusconi e Silvio Berlusconi è un attore dell'agone politico. Solo che la sua azienda dà lavoro a migliaia di persone ed ha un ruolo strategico nel settore delle comunicazioni. Ma questo agli occhi di molti sembra non contare niente.



Si sicuro non conta a Parigi. I francesi predicano la libertà di mercato quando devono fare acquisti, si pensi ai grandi marchi italiani della filiera del lusso, negli anni finiti in mano loro, ma diventano autarchici se devono mollare qualcosa. Così, alla fine, Macron si tiene Stx. Perché in Europa la Francia è un po' più uguale dell'Italia.