cronaca

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"Penso che sul Ponte Morandi la Società Autostrade non abbia usato il giusto principio di precauzione: alle indagini che mostravano problemi di corrosione, non sono seguiti gli interventi". A dirlo è Camillo Nuti, professore di Progettazione strutturale all'Università Roma 3, componente della commissione d'inchiesta del Ministero delle Infrastrutture sul crollo del Ponte Morandi.

Il docente ha parlato con l'ANSA a margine di un convegno oggi all'Enea a Roma sulla manutenzione dei viadotti italiani, dove ha tenuto una relazione sul ponte di Genova.

La mancanza di interventi sul viadotto Polcevera secondo Nuti "si vede dalla sequenza degli investimenti. Dal '67 fino al '96 sono stati spesi fra i 15 e i 20 milioni di euro di manutenzione. Successivamente (quando la gestione è passata dallo stato ad Aspi, ndr.), non si è speso quasi nulla".

Per Nuti, Società Autostrade "ha fatto numerose indagini sul viadotto. A noi della commissione ne ha consegnate molte, di molti tipi. Hanno fatto le indagini, ma poi non hanno fatto quello che si doveva fare sulla base del principio di precauzione. Hanno fatto le analisi al malato, non la terapia".

Sul ponte Morandi secondo il docente romano "il controllo pubblico è stato insufficiente. E' mancata l'organizzazione su un problema, quello dell'usura di un'opera di cinquant'anni, che non è stato capito. Quando nel '98 le autostrade sono state privatizzate, non sono stati realizzati gli organismi di controllo pubblico sul privato. Lo stato italiano non si è organizzato per far valere gli interessi pubblici su quelli privati".

Il professor Nuti, che da giovane lavorò con Riccardo Morandi, spiega che il viadotto sul Polcevera "era la soluzione più avanzata per l'epoca. Non era troppo ardito, era l'opera di un grande progettista, che ad ogni opera migliorava il suo lavoro. E lo stesso Morandi nel 1981 mise in luce che, di fronte ai problemi di corrosione emersi, bisognava intervenire".