cronaca

"Ai colleghi genovesi un segno di attenzione e vicinanza per il loro non facile lavoro"
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''Scegliere Genova è stato un doveroso tributo a una città colpita profondamente da una tragedia, il crollo del Ponte Morandi, in quel terribile ed indimenticabile 14 agosto 2018, che ha scosso l'intera comunità nazionale''. Così il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Luca Poniz ha spiegato la scelta di Genova come sede del Congresso 2019. "Una città segnata negli ultimi anni, e persino in questi difficilissimi giorni, anche da altri eventi drammatici ai quali ha saputo reagire, sempre, con coraggio, forza straordinaria e grande impegno civile; un impegno che ha visto unite le istituzioni tutte, e tra esse anche la Magistratura genovese, chiamata al difficile compito di dare una risposta, la più urgente possibile, alle domande di Giustizia che da simili eventi naturalmente conseguono'', ha proseguito.

''Ai colleghi genovesi, un segno di attenzione e vicinanza per il loro non facile lavoro, dal cui esito la comunità attende risposte fondamentali: l'accertamento e la conseguente sanzione delle eventuali responsabilità, essenziale in quanto irrinunciabile risposta di verità e giustizia'', ha evidenziato Poniz.

"Se la fiducia è uno degli elementi fondamentali di legittimazione della giurisdizione, certo non lo è il consenso popolare. Lo abbiamo dovuto ricordare tutte le volte in cui i magistrati sono stati accusati di essere mossi da finalità politiche con questa o quella indagine. Il tema non è naturalmente la sola delegittimazione del singolo magistrato, pur gravissima ed inaccettabile, alla quale abbiamo sempre reagito, e sempre reagiremo, con intransigenza, richiamando al rispetto del ruolo e delle prerogative della magistratura ed alla chiara e netta distinzione tra la legittima critica dei provvedimenti e l'intollerabile dileggio della persona e delle funzioni". Il tema "è la delegittimazione della giurisdizione e il disconoscimento del suo fondamento: ciò, infatti, significano gli inviti ai magistrati che indagano o giudicano politici a candidarsi, come se il consenso popolare, essenza della democrazia, fosse l'unico fondamento dei poteri democratici regolati nella Costituzione", ha proseguito. 

"Per la nostra Costituzione, per principi di civiltà che credevamo acquisiti, nessun condannato può 'marcire in carcere', e invocare ciò pone chiunque lo faccia fuori dalla Costituzione. Così come non possono esistere trofei giudiziari da esibire o condannati da esporre all'applauso delle folle" ha continuato il presidente dell'Anm Luca Poniz. "E' irrinunciabile sottolineare che il modello costituzionale di diritto penale ripudia esplicitamente l'idea della esemplarità della pena che contraddice ontologicamente il principio della personalità della responsabilità e della sua sanzione e prevede come una delle funzioni essenziali della pena la rieducazione del condannato".

"Non possiamo non ribadire la nostra ferma contrarietà ad ogni riforma che muova dal presupposto dell'inefficienza del lavoro dei magistrati e, senza alcuna ragionata valutazione sul rapporto tra i carichi di lavoro, la loro evidente onerosità e gli strumenti a disposizione, individui in una sorta di inerzia delle indagini la causa del rallentamento del processo, preveda sanzioni processuali e perfino, del tutto irragionevolmente, disciplinari" ha detto Poniz. Pur riconoscendo "la disponibilità del ministro Bonafede ad un confronto aperto e una genuina attenzione ai temi sottoposti", il presidente dell'Anm ha affermato che "tali proposte di riforma sono inaccettabili in quanto esprimono una aperta sfiducia nella magistratura, tradiscono un intento punitivo e sono il frutto di un approccio non adeguatamente meditato alle complesse questioni che riguardano il funzionamento del processo. Trattasi, come abbiamo più volte detto, di misure che hanno la stessa forza persuasiva e risolutiva di un pugno battuto sul tavolo: il rumore del momento, e dopo il fragore, resta l'assenza di soluzione".