cronaca

Il procuratore: "Avessi saputo delle sue condizioni non ci avrei fatto passare le persone. Assurdo che a controllare non fosse un ente terzo"
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"Per un tragico verificarsi del destino nel crollo di Ponte Morandi sono morte quelle quarantatré persone ma il fatto che potesse colpire tutti da una un'idea dell'impegno degli organi di polizia giudiziaria e investigatori nell'accertare nel mondo più completo le cause del disastro". Lo ha detto il procuratore di Genova Francesco Cozzi in una lunga intervista rilasciata a Primocanale in merito alle indagini sulla tragedia del 14 agosto 2018 costata la vita a 43 persone e per cui ci sono 69 indagati fra tecnici e funzionari di Autostrade e di Spea.


Cozzi così risponde indirettamente anche ai familiari delle vittime che hanno sempre manifestato fiducia negli inquirenti e sperano di vedere i responsabili del crollo in prigione. "La giustizia deve accertare la verità nel rispetto dei diritti di tutte le parti e tutelare le vittime, obiettivi prioritari per tutti perché questa tragedia è una vicenda che ha interessato quelle persone ma, per il fattore di rischio che era insito nella gestione della struttura, era un rischio diffuso e poteva riguardare chiunque e purtroppo in qualsiasi momento".


"Non voglio fare il profeta - ha aggiunto il procuratore - ma per esperienza professionale immagino che ci sono delle persone che dopo l'eventuale deposito dell'avviso di conclusioni delle indagini si presenteranno per rendere dichiarazioni sulla tragedia di ponte Morandi".


Cozzi ha fatto capire anche il suo pensiero sulla concessioni delle autostrade sottolineando l'anomalia dei controlli svolti da Spea (controllata da Autostrade) sull'operato di Autostrade: "Ci limitiamo a dire che un atto concessorio deve rispondere prima di tutto alla sicurezza degli utenti, non è possibile che il controllo e la vigilanza sulle misure di manutenzione straordinaria e ordinaria sia affidata a coloro che le devono farle, come se in un condomino fossero gli inquilini a decidere se l'ascensore è sicuro, c'è un ente terzo preposto a fare il controllo che impongono e verificano che siano effettuate misure che tengano la struttura non in ragionevole sicurezza ma in assoluta sicurezza".


Il procuratore ha ribadito la colpa di chi doveva controllare e non ha controllato una struttura a rischio come Ponte Morandi. "Si sapeva che quell'opera di calcestruzzo come tutte quelle dello stesso genere avevano una vita naturale non superiore a un certo numero di decenni, dopo quel limite di 40 o 50 anni, come dicono i tecnici, ci voleva comunque un tagliando, un controllo continuo e completo, e se non si superava quel controllo la struttura non doveva essere utilizzata".
 

Il procuratore alla domanda se aveva mai avuto la sensazione che Ponte Morandi fosse pericoloso ha risposto così: "Se avessi conosciuto anche una parte molto limitata delle risultanze emerse dalle indagini sicuramente non avrei percorso né fatto percorrere alle persone quel tratto di autostrada".