cronaca

Viaggio nel quartiere sotto il ponte crollato tre anni fa
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 "Una ferita sarà sempre aperta qui a Certosa, chiunque abbia vissuto quella tragica giornata la ricorderà per sempre, nulla la potrà cancellare". Queste parole le pronuncia un signore fuori da un bar di via Dandolo, a Certosa, quando gli chiediamo quali siano le aspettative in vista del processo per il crollo di ponte Morandi che si aprirà dopo l'udienza preliminare del 15 ottobre, in cui il giudice dovrà decidere se ci sono gli elementi per aprire il dibattimento, cioè abbastanza prove per rinviare a giudizio i 59 indagati oltre ad Autostrade e Spea. L'esito dell'udienza appare scontato, dopo di che inizierà il processo vero e proprio, non si sa ancora quando. 


"Mi aspetto che facciano giustizia, che stabiliscono di chi sono le colpe - continua il signore fuori dal bar, che con le sue parole racconta la voce di tanta gente - perchè io ricordo tutto di quel giorno, e della notte, le voci, la ricerca disperata di superstiti, i mezzi al lavoro". 


"Le nostre conseguenze per il crollo del ponte sono nulla rispetto al dolore dei parenti delle 43 vittime - precisa Enzo Greco, presidente del centro integrato di via a Certosa - questo è giusto precisarlo. Ma certo il quartiere intero ha pagato un prezzo alto, perchè era come avere una diga du fronte, la viabilità era interrotta per mesi, nessuno passava più a comprare, hanno chiuso diversi negozi. Dal processo che ci sarà mi attendo verirà e giustizia. Oggi, complice il Covid, non siamo forse tornati a come prima del crollo, ma abbiamo fatto importanti passi avanti".