Cronaca

1 minuto e 44 secondi di lettura

Ai funerali di Fabrizio Cannonero le troupe televisive di Primocanale e Telegenova sono state prese di mira da un gruppetto di lavoratori del porto. I due cameramen sono stati piccchiati e una telecamera è andata in frantumi. I giornalisti sono stati chiamati da più parti “sciacalli”. Il motivo? Essere andati a riprendere i funerali, che dovevano svolgersi in forma privata. Le telecamere, quindi, non erano gradite, almeno dice qualcuno.

Primocanale ha sempre cercato di rispettare il dolore della famiglia Cannonero, fin dai momenti successivi alla tragedia, con le prime testimonianze e i primi servizi, come ci ha riconosciuto stamattina il suocero di Fabrizio, intervenendo spontaneamente in diretta a “Sos Primocanale”.

Più volte abbiamo denunciato, anche attraverso le numerose mail comprensibilmente anonime giunte in redazione, il duro lavoro a cui sono sottoposti e le condizioni spesso inumane a cui sono costretti. Cercando di rispettare sempre il diritto di cronaca.

Troppo spesso ci si appella a questa formula per giustificare vere e proprie “vigliaccate”, è vero. Basti pensare alle interviste fatte talvolta, alla mamma di un ragazzo morto, o ai parenti delle vittime di una strage. Solo per chiedere “Come si sente?”.

Ma questo non è mai successo a Primocanale. E non sarebbe successo ieri, ai funerali.

Il console della Culmv aveva comunque autorizzato in mattinata foto e riprese. Essere presenti in forma discreta al funerale era nostro dovere, non certo per rubare l’immagine di un feretro, o di una vedova singhiozzante, quanto per continuare a denunciare l’assurdità delle morti sul lavoro. Chi ieri non voleva i giornalisti al funerale forse preferirebbe che non se ne parlasse più? Che nei tg e sui giornali si parlasse solo di Cassano e Borriello? Definire le telecamere ai funerali di Fabrizio Cannonero una sorta di “Grande fratello” è irriverente nei confronti di chi giornalmente denuncia i problemi di questa città e di questa regione non certo per speculare, quanto per fare in modo che non cadano nell’oblio e passino sotto silenzio.