Passeggiare in città e nello stesso tempo sognare, anche solo immaginare, di essere fuori dalla città, lontano dal rumore, dallo smog, distanti dal traffico, dai clacson, dalla gente che urla per la precedenza: le aree pedonali sono punto d'incontro non solo ideale e meta di ogni turista che si addentra in una città nuova e dei cittadini a spasso anche solo per un caffè sottocasa.
Perché camminare fa bene, rilassa e va pure di moda come rivelano le milioni di app di contapassi scaricate sugli smartphone. Se poi si passeggia in un'area gradevole e accogliente tutto è ancora più bello. La conferma arriva dalle graduatorie delle città in cui si vive meglio, in Italia come nel resto del mondo: ai primi posti sempre le città con le aree pedonali più estese e più accoglienti.
Non stupisce così che i genovesi, commercianti e pure i tassisti, siano in gran parte favorevoli all'idea di una nuova grande area da passeggio che abbracci piazza Fontana Marose, a via Roma, via XXV Aprile, le strade delle boutique e dei marchi griffati più eleganti.
L'anticipazione di Primocanale che ha svelato come presto il salotto buono di Genova potrebbe essere negata al traffico privato piace, ma a patto che il progetto non venga calato dall'alto dagli amministratori, ma introdotto per step, per fasi, con il dialogo e il coinvolgimento di tutte le parti in causa.
I commercianti chiedono soprattutto che la nuova zona green sia dotata di nuove aree parcheggi a corona del centro città, per non isolare le strade pedonali. Parking che qualcuno pensa a ricavare ai lati del parco dell'Acquasola, unico polmone verde del centro oltre la ripida villetta Di Negro, così vicina eppure così lontana, poco vissuta.
Fra le proposte avanzate quella di inventare altri parcheggi sotterranei, magari a prezzi meno esosi di quelli esistenti nella vicina Piccapietra, dalle parti di via XX Settembre e in piazza Della Vittoria. Ma qui i tempi sarebbero comunque molto lunghi, mentre l'area pedonale potrebbe essere dietro l'angolo, forse già sotto l'albero di Natale, una strenna, forse non per tutti gradita. L'umore dei genovesi è emerso nel lungo viaggio in diretta di Primocanale fra negozianti, esponenti del Civ (il centro integrato di via) e passanti.
Favorevole alla pedonalizzazione persino un tassista incrociato in piazza Fontane Marose, "basta che ci lascino lavorare" sintetizza pratico il conducente. Tassisti ritenuti un risorsa persino dal titolare di uno dei bar più importanti della stessa piazza: "Il servizio di trasporto pubblico è necessario perché solo così i clienti possono arrivare davanti ai negozi".
Preoccupato per la pedonalizzazione invece il grande mondo dei fattorini e dei pony express, in ansia per la regolamentazione degli ingressi e delle consegne: pedonalizzare non deve significare isolare, e come dargli torto. Insomma davanti alla grande area pedonale che sembra arrivare di nascosto, accennata solo in qualche riunione quasi carbonara dei commercianti, tanti sì, ma anche tante domande e richieste di cittadini aperti al dialogo ma non a subire in modo passivo le scelte calate dall'alto.
Le aree pedonali non devono essere un luogo d'attrazione, un punto d'incontro per i cittadini, ma per attrarre devono prima di tutto essere raggiungibili in modo semplice: a piedi come in auto o in bici e anche in monopattino. Per attirare, per aspirare a diventare davvero il salotto della città, la pedonalizzazione deve essere accompagnata dal ripensamento degli spazi, e a volte, anche grazie ai fondi elargiti per l'emergenza Covid, per riuscirci basta poco.
Ridisegnare la città green significa dotarla di arredi, panchine, fontane, spazi verdi, alberi, già, perché no? Alberi, che regalano ombra nelle afose giornate estive e ci possono coprire come ombrelli durante gli acquazzoni.
Insomma per una pedonalizzazione condivisa non basta annunciarla e neppure limitarsi a vietare il traffico alle auto, serve invece regalare al cittadino, solo in apparenza una contraddizione, la sensazione di non essere in città.
cronaca
Pedonalizzare il "salotto buono" di Genova? Sì, ma senza imporlo ai cittadini
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