cronaca

Mirko Vicini 30 anni fu l'ultimo corpo a essere estratto dalle macerie cinque giorni dopo
3 minuti e 23 secondi di lettura
"E' sempre peggio, ogni giorno si sta ricomponendo questo puzzle terribile, tremendo ma che conferma l'atrocità di questa strage, la volontà di continuare a omettere la verità su questo ponte, su quello che è accaduto". Paola Vicini è la mamma di Mirko, l'ultima delle 43 vittime a essere recuperata dalle macerie del crollo di Ponte Morandi avvenuto il 14 agosto 2018. Lei per cinque giorni e cinque notti è rimasta prima in una tenda, poi in un'ambulanza e poi in un camper della Croce Rossa in attesa che i soccorritori le restituissero il corpo del figlio trentenne sepolto dalla pila 9 mentre lavorava all'isola ecologica dell'Amiu.


Paola Vicini parla a Primocanale poche ore dopo la nuova accusa che emerge dalle carte dell'inchiesta: i sensori che avrebbero dovuto monitorare il Morandi non vennero sistemati "dolosamente", nonostante fossero stati tranciati nel 2015. E proprio quei sensori un anno prima avevano fornito i dati secondo cui il viadotto era a "richio crollo".


"Quel ponte aveva bisogno di manutenzione che per anni non hanno fatto - racconta Paola - non hanno rispettato tutti i controlli addirittura i sensori, non si parla di grosse cifre, quei pochi che c'erano erano stati tranciati con l'inserimento del carroponte e mai sostituiti quindi questa cosa ti attanaglia dentro, ti ferisce sempre di più. E' una cosa che lascia senza parole, non si può pensare che tante persone possano omettere certe verità, io posso pensare una o due persone ma che nessuno, nessuno negli anni abbia avuto il coraggio di denunciare questa cosa... io mi chiedo quando si svegliano si guarderanno allo specchio? Avranno un minimo di consapevolezza di quello che hanno fatto e che continuano a fare? 43 vite sono state spezzate ma noi famiglie siamo nella disperazione assoluta, non avremo più una vita l'hanno tolta anche a noi".


Paola Vicini parla con alle spalle il nuovo viadotto Genova San Giorgio, poche centinaia di metri da casa sua a Coronata, lei però quel ponte non lo guarda, così come ha promesso che mai lo percorrerà, per lei, così come per tutti i famigliari quello è il luogo dove sono morti i loro cari.


"A 29 mesi di distanza il dolore è grande ed è composto da tante cose che ci fanno male sicuramente il fatto che Autostrade sia ancora in mano a coloro che hanno permesso questa cosa nonostante i proclami, le urla sono vergognosi - si sfoga la mamma di Mirko - continuano a trovare scuse su scuse ma a me sembra così naturale così come quando un bambino sbaglia e si dà una punizione invece fanno finta di niente spostano l'attenzione su altre cose".


Paola Vicini ammette poi un dolore nel dolore: "In tanti si stanno dimenticando diq uello che è successo e questo ci addolora, io e la famiglia Altadonna tutti 14 del mese ci vediamo sul ponte delle ratelle e poniamo un mazzo di fiori per tutte le 43 vittime e vedere che siamo soli un po' ci addolora dico la verità. A distanza di 29 mesi trovo qualcuno che mi scrive su Messenger senza avere conoscenza diretta e conosce la nostra storia e vuole portare il proprio sostegno e sono sicura che la città non ci abbandonerà mai e di questo saremo eternamente grati".


Paola ancora una volta si fa forza, butta insietro le lacrime e lo fa per suo figlio "lui avrebbe lottato come un leone", ancora una volta non si stanca di chiedere giustizia per Mirko e per le altre vittime.


"Le nostre richieste sono inascoltate ma io auspico e spero che per la prima volta in Italia ci sia una giustizia vera e che questo processo arrivi presto alla fine e che chi ha sbagliato paghi, ma paghi con pene esemplari e vere e mi auguro che questa sia l'occasione di un riscatto vero per i figli, per chi ancora li ha, per i nipoti, per lasciare un futuro migliore e credere in qualcosa".