Sono certo che il Ponte, prima o poi, sarà ricostruito; qualcuno lo pagherà e qualcuno lo costruirà. Speriamo che lo facciano presto e bene, che sia un Ponte solido e duraturo e, magari, anche piacevole alla vista.
Il Ponte, però, non ha cessato la sua azione devastante crollando e non la cesserà neppure a ricostruzione avvenuta; la sofferenza dei familiari delle vittime non diminuirà per effetto di aver un Ponte nuovo e molte imprese o attività economiche, direttamente o indirettamente coinvolte, potrebbero non esserci più al momento dei festeggiamenti per l’inaugurazione.
I tempi della ricostruzione del Ponte mi preoccupano meno rispetto ai rischi potenzialmente derivanti dalla mancanza di strumenti che consentano alle imprese di superarli. Le imprese genovesi, non limitando il perimetro a quelle della c.d. “zona rossa”, si troveranno a dover affrontare una crisi congiunturale e non strutturale; non c’è un problema di mercati, come dal 2009 in avanti, e neppure un’incapacità singola o sistemica dei nostri imprenditori.
Se alle imprese verranno dati strumenti adeguati per superare questo periodo, per ora a “tempo indeterminato” ma non “interminabile”, sono certo che i titolari di queste faranno qualsiasi sforzo per mantenerle in vita e pronte a tornare sul mercato, a pieno regime quando la nostra città tornerà alla normalità.
Penso alle attività dalle dimensioni più disparate: dalla micro alla grande azienda. Ogni sforzo in questa direzione deve essere orientato alla sopravvivenza delle imprese, non ad un accompagnamento ad una liquidazione “morbida”; è il momento di attivare strumenti temporanei di supporto alle attività economiche che, nei casi più gravi, consentano ad esempio una riduzione della manodopera per il solo tempo necessario ad ammortizzare il calo di lavoro che si è creato (e che perdurerà) per effetto del crollo del Ponte.
Iniziative volte a ridurre il carico fiscale alle imprese potranno essere certamente utili, ma personalmente le ritengo maggiormente efficaci per incentivare nuovi investimenti o insediamenti di nuove imprese sul territorio, piuttosto che a sostenere una fase di (probabile) esubero dei costi rispetto ai ricavi.
Sono certo che gli oneri derivanti da interventi di questo tipo non graveranno sul bilancio di chi li sosterrà; prima o poi, i responsabili di questo disastro dovranno farsene carico. Per essere efficaci, però, dobbiamo confrontarci con la risorsa più scarsa a disposizione, cioè il tempo; a nulla serviranno interventi tardivi, le imprese saranno purtroppo più veloci a deteriorarsi.
Per questo ho pensato che un (solo) Commissario non può essere sufficiente ad affrontare il presente e il futuro che ci riserverà il crollo del Ponte; almeno un altro dovrebbe essere nominato, a cui delegare la gestione e il coordinamento delle attività finalizzate al supporto alle attività economiche, con ampi poteri. Il Commissario del Ponte si occuperà della ricostruzione dell’infrastruttura, quello delle Imprese dovrà far in modo che tra le macerie (postume) non finiscano le aziende e i lavoratori che hanno avuto la sfortuna di trovarsi lì.
cronaca
Non basta un (solo) Commissario…
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