cronaca

La ricostruzione del viadotto dimostra che il Paese ha forza e capacità
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La ricostruzione del Ponte Morandi a Genova rispetterà la scadenza del 20 giugno. In Italia un fatto senza precedenti. Raramente, per non dire mai, è accaduto che una grande opera rispettasse i tempi. La più grave sciagura stradale degli ultimi anni, con 43 morti per la caduta della vecchia campata avvenuta il 14 agosto 2018, invece sta producendo questo miracolo. E' stata collocata la prima maxi-trave del nuovo viadotto: 1.800 tonnellate d'acciaio distribuite su cento metri.

Quasi in contemporanea è stato completato il pilone numero 17 sui 18 previsti dall'intero progetto. Tutti gli impalcati dovrebbero essere al loro posto per il 20 marzo e il 20 giugno i lavori dovrebbero concludersi. Proprio 20 mesi dopo il crollo e 14 mesi dopo l'inizio dei lavori di ricostruzione: era il 15 aprile 2019. Un risultato frutto del lavoro dei 1.500 fra operai e ingegneri impiegati da Salini Impregilo, Fincantieri e Italferr. Una conferma che nel campo delle costruzioni i gruppi italiani sono assolutamente all'avanguardia.

A bloccare la marcia è la burocrazia, lo spreco delle parole e del tempo è enorme. Si sente sempre dire che bisogna superare lo stallo delle costruzioni che l'Italia vive ormai da 10 anni. Quindi, far ripartire i cantieri per dare lavoro a migliaia di persone. Ma soprattutto dare una spinta alla crescita che in questo momento vede il Paese maglia nera in Europa. Poi nella realtà accade poco.

Il salto di qualità passa da Progetto Italia. L'obiettivo è quello di creare un campione nazionale che da solo dovrebbe valere lo 0,3% della ricchezza nazionale. Considerando i dati annunciati dall'Ue, vuol dire raddoppiare la percentuale di incremento del Pil. Nello specifico il piano prevede di mettere insieme Salini Impregilo, Astaldi (la seconda impresa italiana di costruzioni) e a seguire altre aziende operative sul mercato. La Cdp e le grandi banche (Unicredit, Intesa e Banco Bpm) supporteranno il progetto. La strada verso un futuro che prevede un fatturato di 14 miliardi e un portafoglio ordini di 62 miliardi.

Attualmente il settore delle costruzioni in Italia vale 160 miliardi (l'8% del Pil), con circa 1,4 milioni di occupati e con tassi di crescita previsti intorno al 3% fino al 2021. Accanto a questo trend positivo permane però la crisi di molte aziende e ben cinque delle prime dieci società di costruzioni hanno avviato procedure di ristrutturazione del debito. Questo significa che il 30% dei ricavi del settore è congelato, e che 30mila persone rischiano il posto di lavoro. Un pericolo che si aggiunge alla perdita di 500mila posti registrata solo negli ultimi anni. Progetto Italia punta a ribaltare questo paradigma.

Il valore dei cantieri bloccati è pari a 36,4 miliardi, ma raggiunge gli 86 miliardi se si considera anche l'indotto (dato Ance, Associazione nazionale costruttori edili). Il loro numero varia a seconda delle fonti: secondo fonti governative sono almeno 300 cantieri; la Filca, il sindacato di settore della Cisl, ne ha censiti 600; secondo l'Ance i cantieri bloccati delle grandi opere (quelle che superano i 100 milioni) sono invece 25.

La mappa dei cantieri bloccati coinvolge oltre la metà delle regioni. Il Piemonte detiene il triste primato di 9,1 miliardi di opere ferme, seguito dalla Liguria (6 miliardi) e poi da Toscana (4,9 miliardi), Veneto (3,7 miliardi) e così via. Localmente la domanda è coperta da 500mila aziende di cui il 60% mono-dipendente, e appena 5 che fatturano più di un miliardo, tre delle quali in crisi. Oltre il 27% delle gare indette negli ultimi 15 anni è stato aggiudicato a gruppi esteri. Alcune imprese italiane aggiudicatarie non esistono più, e la loro scomparsa ha aperto ulteriori spazi alla presenza straniera, che arriva in Italia portando con sé i loro fornitori di fiducia.

Con la crisi dei grandi gruppi italiani di respiro internazionale, questa posizione dominante di imprese estere sembra oggi rafforzarsi, riducendo ulteriormente la quota di fatturato domestico delle aziende italiane e quindi indebolendo il sistema produttivo del Paese. Un rischio significativo per un settore che in tutto il mondo viene considerato strategico. Invertire questa tendenza è la prossima sfida cui sarà chiamato il Sistema Italia insieme al nuovo polo italiano delle costruzioni. La ricostruzione del Ponte Morandi dimostra che il Paese ha la forza e la capacità tecnica per raggiungere l'obiettivo.